FRANCO LEONETTI: «QUESTA JUVENTUS NON HA GRANDE QUALITÀ, MA ERA LECITO ATTENDERSI DI PIÚ DAI CALCIATORI E DA ALLEGRI»

 



 Di Stefano Dentice

Conduttore su Radio Bianconera, spesso ospite al programma Diretta Studio in onda sull’emittente televisiva nazionale Telecity Netweek, ma soprattutto giornalista che segue da vicino le vicende di casa Juventus, Franco Leonetti analizza la stagione della Vecchia Signora fino a questo momento.

La Juventus vista in questi otto mesi di stagione ha mostrato due volti: fino alla fine di gennaio era bella, attraente e affascinante, mentre da febbraio è diventata una Juve spenta, imbolsita, avvilita e avvilente. Dal tuo punto di vista, quali sono le cause principali di questa metamorfosi così repentina?

«Purtroppo la delusione è stata tanta per i tifosi che, in buona parte, hanno creduto ad una Juve da scudetto. Le cause sono rinvenibili in pochi punti, a prescindere dagli errori di tutti, compreso Massimiliano Allegri: questa squadra non è tecnicamente eccelsa e non ha grande qualità, in più risulta mentalmente fragile, mal costruita sul mercato e, soprattutto, non possiede leader né in campo e nemmeno negli spogliatoi che possano guidare il gruppo rendendolo battagliero, determinato e grintoso, altrimenti il cammino bianconero sarebbe andato diversamente. Quando avvengono situazioni simili tutti devono salire sul banco degli imputati, in primis la società e la dirigenza, poi allenatore e giocatori, guai a tralasciare qualsiasi componente. Ma dai calciatori e dal tecnico era lecito attendersi sensibilmente di più, sia in termini di risultati che di prestazioni e reazione mentale agli ostacoli. Invece sappiamo come è andata dalla partita casalinga contro l’Empoli in poi».

La Vecchia Signora scesa in campo a Cagliari, soprattutto nel primo tempo, ha fornito una prestazione imbarazzante, per poi migliorare leggermente nella ripresa. In vista della semifinale di ritorno di Coppa Italia, contro la Lazio dell’ex Igor Tudor, ritieni che la prova vergognosa specialmente dei primi quarantacinque minuti possa influire negativamente in maniera particolare sotto l’aspetto mentale in riferimento al match dell’Olimpico di Roma?

«Credo che la Juve, in una semifinale, abbia l’obiettivo visibile, a portata di mano, che possa non cadere in avvitamenti negativi come quelli visti a Cagliari. Almeno è ciò che tutti auspichiamo. La Lazio sarà aggressiva e farà di tutto per rimontare l’andata. Starà ai bianconeri fornire dei segnali importanti al match, cercando di elargire una prestazione più omogenea nei due tempi. Purtroppo, ultimamente, questa Juventus non riesce a fornire performance che siano simili nei due tempi di gioco. Problema non da poco, perché una squadra a due facce, con errori marchiani non da Juve, rende la situazione esasperante, indecifrabile e poco costruttiva».

In questa stagione la Juve si è rinforzata pochissimo, eccezion fatta per il rientro di Cambiaso, per l’acquisto di Weah e per gli ingressi di Alcaraz e Tiago Djaló a gennaio, con il portoghese non ancora impiegato nemmeno per un minuto, quindi una sorta di oggetto misterioso. Gli innesti dell’ex Bologna, dello statunitense e dell’argentino quanto hanno inciso sulla qualità dell’organico attuale a disposizione di Massimiliano Allegri?

«Purtroppo i pochi arrivi non hanno inciso molto, eccezion fatta per Cambiaso che, contro il parere di molti in estate, si è rivelato un giocatore duttile, di gran carattere e corsa, insomma un elemento da Juve. Io avevo pronosticato, pubblicamente, la sua valenza e le sue qualità, ma certo non immaginavo che diventasse un titolare inamovibile con impatto immediato. Dunque, bene così, anche per il futuro. Gli altri tre, invece, hanno dato veramente pochissimo rispetto alle attese: Tiago Djaló non pervenuto, Weah spaesato e quasi mai incisivo e con poche presenze, Alcaraz lo si è visto poche volte sul terreno di gioco anche per un infortunio, anche se ha fatto trasparire doti nel gioco di prima. Inutile dire che ci si aspettava molto di più dai nuovi acquisti, ulteriore chiave di lettura sulla non eccelsa qualità di un gruppo che doveva e deve dare decisamente di più».

A proposito di Allegri, molti tifosi juventini lo ritengono l’unico responsabile di questi tre mesi orribili di Madama specie in Serie A. Altri sostenitori bianconeri, invece, credono che le responsabilità maggiori siano da attribuire ai calciatori. Tu pensi che la verità, come spesso accade, stia nel mezzo?

«Sì, la verità sta nel mezzo. Ad Allegri si possono imputare un gioco non brillante, un’impronta che è giunta solo in maniera minima e certe scelte e gestioni poco coraggiose che stanno caratterizzando la stagione, però dal gruppo che scende in campo era legittimo attendersi maggiori qualità morali, caratteriali, velocità d’impostazione e una forza psicologica che ha contraddistinto la Juve da sempre. La summa delle due componenti sta producendo un’annata non in linea con i desideri dei tifosi e con molte delusioni. Al netto di tutto aspettiamo il termine della stagione, poi si faranno somme e sottrazioni che porteranno ad un bilancio finale».

Qualora la Juventus dovesse arrivare almeno fra le prime quattro in classifica e magari vincere la Coppa Italia, se ovviamente passasse il turno con la Lazio, pensi che Max Allegri meriterebbe la conferma?

«La società ha chiesto all’allenatore il raggiungimento di due obiettivi: in primis l’indispensabile qualificazione alla prossima, ricca Champions, in secundis cercare di arrivare in fondo alla Coppa Italia e magari sollevarla. Se Allegri centrasse i due target sicuramente avrebbe fatto il suo, secondo i dettami societari. Però, ricordo che l’ultimo scudetto vinto dal tecnico livornese collimò poi con la separazione dalla Juventus. Insomma, non sempre raggiungere gli obiettivi prefissati garantisce la conferma, soprattutto quando si percepiscono venti di cambiamento, intorno al nome dell’allenatore, alimentati da una critica feroce».

Se dovessi dare un voto alla stagione della Juve fino a questo momento, quale sarebbe?

«Ne riparliamo a fine stagione, a bocce ferme. Per dare un voto servono considerazioni globali che tengano conto di tutti i dettagli osservati dal primo all’ultimo minuto delle gare disputate dalla Vecchia Signora».

Se tu ricoprissi un ruolo dirigenziale apicale in casa Juventus, volgendo lo sguardo alla prossima stagione, quale sarebbe il primo intervento in assoluto che faresti per migliorare notevolmente la situazione?

«Per fortuna dei tifosi juventini non ho, e non avrò mai, un ruolo dirigenziale in Juventus. A prescindere da chi siederà in panchina per guidare il gruppo bianconero il prossimo anno, questa squadra ha urgenza di innesti qualitativi e di giocatori di personalità, carattere e leadership. In questa Juve non c’è un uomo faro che si assuma la responsabilità di catturare o ricevere palla quando i compagni vanno in difficoltà tecnica o in ipossia. Madama, per tornare grande, ha necessità di tutto ciò, perché le squadre vincenti si costruiscono su basi tecniche, caratteriali, di temperamento, di piedi buoni e linee guida dettate dai leader. In questo gruppo c’è poco o niente che lambisca questo insieme di caratteristiche. A chi chiede a gran voce come unica soluzione alle incertezze la sostituzione dell’allenatore, pensando che con un altro omologo in panchina questa squadra diventerebbe molto più forte, dico che la guida tecnica è sempre importante, ma la differenza la devono fare gli interpreti sul campo. Loro sono deputati a difendere, marcare, pressare, segnare gol e regalare numeri, assist e delizie calcistiche. Quindi una squadra forte, cosa che ad oggi, purtroppo, la Juve non è. Ha assoluto bisogno di avere tutte le eccellenze a disposizione. Non ho mai osservato un grande allenatore vincere con squadre di non eccelso livello. Ergo, se si azzeccano tutte le componenti di un gruppo si diventa competitivi fino alla fine, magari alzando trofei. Altrimenti il rischio è quello di dover patire tante attese, tristemente disilluse. Senza dimenticare il fattore fondamentale della società. Un club solido, compatto e ferreo, rende la squadra ancor più forte, concorrenziale e combattiva. Tutto parte da lì».





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