L'EDITORIALE DI STEFANO DENTICE - JUVENTUS: GUARIRE DALLA FRAGILITÀ EMOTIVA È UN DOVERE

 



JUVENTUS: GUARIRE DALLA FRAGILITÀ EMOTIVA È UN DOVERE

Di Stefano Dentice

La Juventus vista in questi otto mesi di stagione ha mostrato due volti: quello bello, luminoso e attraente fino alla ventunesima giornata di campionato, quando la Vecchia Signora espugnò il Via del Mare di Lecce con un perentorio 0-3, per poi mostrare un volto spento, avvilito e sofferente dal pareggio 1-1 all’Allianz Stadium di Torino, con l’Empoli, che ha sancito la débâcle dei bianconeri fino al trentesimo turno in cui Madama è uscita sconfitta per 1-0 dall’Olimpico di Roma contro la Lazio guidata dall’ex Igor Tudor

Per comprendere davvero i motivi reali di questa profonda crisi di risultati e prestazioni bisognerebbe conoscere ogni millimetro delle stanze “segrete” della Continassa, ma l’ipotesi che ci sia stato un crollo psicologico dal pari interno con gli empolesi, seguito dalla sconfitta per 1-0 di San Siro contro l’Inter, è tutt’altro che da scartare. 

Ebbene sì, perché fino a quel momento, al netto di una rosa bianconera qualitativamente inferiore rispetto a quella a disposizione di Simone Inzaghi, ma anche paragonata agli organici di Milan e Napoli, la Juve era l’antagonista principale dei nerazzurri per la conquista dello scudetto, se non altro perché la classifica – in quel periodo – sorrideva a trentadue denti a Danilo e compagni. 

Le responsabilità di questa fase drammatica che la Juventus sta attraversando non possono essere ascritte solo ed esclusivamente a Massimiliano Allegri che, senza ombra di dubbio per nulla esente da colpe, non può essere l’unico capro espiatorio come sostengono i suoi più acerrimi detrattori, nella maggioranza dei casi opinionisti che c’entrano con il calcio come Mariangela Fantozzi c’entra con la sensualità. 

Fa male ammetterlo, ma questa squadra è del tutto priva di fuoriclasse assoluti, di calciatori dalla spiccata personalità che - proprio nei momenti di difficoltà - riescono a invertire la rotta in modo netto e deciso. 

Esprimendo per larghi tratti anche un buonissimo gioco, la formazione di Allegri vista sino al match in terra salentina con il Lecce era una compagine solida, mentalizzata, quasi imperforabile grazie a una lodevole organizzazione difensiva. 

Poi, probabilmente annichilita dal sogno svanito di poter ambire alla vittoria di uno scudetto in realtà quasi impossibile da raggiungere, si è sciolta come neve al sole evidenziando tutti i suoi limiti e le sue debolezze. 

In questo, i numeri delle ultime nove partite di Serie A sono a dir poco impietosi: 7 punti in nove gare, frutto di una vittoria, quattro pareggi e quattro sconfitte con 9 gol realizzati e 12 subiti. 

Diverso, invece, il cammino della Juventus in Coppa Italia, che ha brillantemente raggiunto le semifinali e ha battuto la Lazio fra le mura amiche con un meritato 2-0 nel match d’andata, un risultato che avvantaggia i ragazzi di Max Allegri in ottica del ritorno programmato per martedì 23 aprile

Proprio nella sfida della coppa nazionale, soprattutto nella seconda frazione di gioco, si è (ri)vista la Juventus dei primi cinque mesi di stagione, quella pimpante, sicura di sé, concentrata e determinata, con un Federico Chiesa e in particolar modo un Dušan Vlahović in gran spolvero e autori di due gol di ottima fattura. 

È dunque da lì che la Juve deve ripartire per guarire dalla sua fragilità, poiché pur considerando una lunghissima striscia negativa che dura da ormai due mesi, la Vecchia Signora si trova attualmente al terzo posto e in piena corsa per strappare il pass che le permetterebbe di accedere alla finale di Coppa Italia. 

Due obiettivi, questi, fondamentali per le sorti del club bianconero. 

Già dal match di domenica sera all’”Allianz Stadium” contro la Fiorentina, Madama dovrà dimostrare a tutti di essere quantomeno sulla strada della guarigione. 

Sì, è vero, la “Zebra” è ferita, gravemente ferita, ma è ancora viva!




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