JUVENTUS – THIAGO MOTTA. IL BACIO DELLA “FEMME FATALE”
Di Filippo Vagli
Non so se sarà Thiago Motta a sedere sulla prestigiosa panchina bianconera nella prossima stagione calcistica. Tutto parrebbe essere apparecchiato in tal senso ma fino a che non arriveranno firme e comunicati consentitemi un minimo di prudenza.
Quel che so è
che la narrazione che si profila all’orizzonte ricorda assai una storia dell’etate
1990.
Quella delle
notti magiche di Italia 90, in cui ogni italiano inseguiva un gol sotto il
cielo di un’estate romana.
Quella di Gigi
Maifredi, allenatore che nel 1987 arrivo sotto le due torri dell''Ospitaletto, squadra
che militava in serie C1, sull’onda lunga del suo calcio “champagne”
Football il suo ritenuto
"spumeggiante" sia perché veloce e dinamico che per i passati del
buon Gigi da rappresentante della Veuve Clicquot Ponsardin (azienda produttrice
di champagne) prima di diventare allenatore professionista.
Una volta a Bologna Maifredi grazie ad un gioco spiccatamente offensivo ottenne prima la promozione in Serie A e poi nelle due successive stagioni una salvezza e la qualificazione alla Coppa UEFA. Il tutto valorizzando il patrimonio esistente, senza far spendere milioni per l’acquisto di giocatori dal nome altisonante
Il gioco del tecnico di Lograto proponeva elementi di novità a livello di attacco e aggressività abbinate ad un grande equilibrio tra i reparti. Per qualcuno non era solo il nuovo Sacchi, ma andava oltre il profeta di Fusignano.
Fu chiamato
dalla Juve dopo che la Vecchia Signora aveva giubilato una delle sue icone, quel
Dino Zoff che alla guida di una delle Juventus più operaie della sua gloriosa
storia aveva appena realizzato la doppietta Coppa Italia - Coppa Uefa.
Con un unico neo: il suo calcio (così come quello di Allegri oggi) veniva considerato vetusto, arcaico, preistorico per alcuni. Difesa e contropiede, in nome della più classica tradizione italiana. Uno stile che faceva storcere il naso a chi era rimasto abbagliato dal calcio spettacolo del Milan berlusconiano.
Ecco perché il
nuovo Presidente esecutivo di Madama Luca di Montezemolo ingaggiò l'allenatore del
Bologna dei miracoli. Per trapiantare a Torino lo spettacolo che il suo Bologna
mostrava agli spettatori del Dall’Ara.
Una storia quella risalente a trentaquattro anni or sono che presenta svariati punti di contatto con ciò che sta avvenendo nel presente della Juventus. Quella che ha appena pensionato uno degli allenatori più vincenti della sua storia, quel Massimiliano Allegri, fresco vincitore di Coppa Italia, a favore dell’ottimo Thiago Motta.
Maifredi che una
volta arrivato sotto la Mole fra festeggiamenti e alte aspettative fu lasciato inspiegabilmente
e colpevolmente solo da un Montezemolo in altre faccende affaccendato e da una
società debole, orfana del grande Giampiero Boniperti.
Non fu un caso se il cammino di quella
che doveva essere la Juventus Champagne fu negativo fin da subito. All’esordio in una gara ufficiale i bianconeri furono sconfitti nella
finale della Supercoppa italiana con un pesantissimo per 5-1 al San Paolo ad
opera del Napoli di Diego Armando Maradona.
Così come in
campionato, dopo un buon girone d'andata chiuso a due punti di distacco dal
primo posto, Madama crollò totalmente nel girone di ritorno chiudendo la
stagione al settimo posto fallendo la qualificazione alle Coppe europee dopo
ventotto anni di presenza continua.
L'avvocato
Agnelli non gradì e restituì Manfredi e il suo calcio Champagne a Bologna
richiamando al capezzale della sua Juventus Giovanni Trapattoni e Giampiero Boniperti
in un processo di assoluta restaurazione.
Lungi da me di agire da uccello del malaugurio ma la speranza è che l'esperienza da calciatore di
Thiago Motta gli sia sufficiente per capire cosa significhi traslocare da Bologna
a Torino, sia a livello di città che di club.
La Signora possiede ancora un grade fascino, ed è difficile a chiunque poterle resistere. Ecco perché la sua chiamata non può certamente essere ignorata ma quantomeno indurre grande prudenza in chi decide di accogliere la sua corte.
Si sa che le Signore
più fascinose, seducenti, tentatrici, spesso volentieri si rivelano ugualmente distruttive.
L’archetipo della “femme fatale” dei film noir dagli anni Venti agli
anni Cinquanta, quella categoria di donne vampire, rapaci, seduttrice,
chanteuse.
Proprio come risulta essere la
Vecchia Signora che dimora a Torino.



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