LA SERATA DELLE OCCASIONI PERSE
Di Marco Edoardo SANFELICI
E’ vero, a Torino pioveva grosso così, mercoledì sera, mentre l’incorruttibile signor Maresca da Napoli dichiarava terminata la tenzone tra bianconeri ed orobici. Vero è pure che la serata volgeva alla mezzanotte e l’indomani mattina non si sarebbero potute fare eccezioni alle bollature delle cartoline o alle strisciate dei badges.
Neanche l’interrotta abitudine ai festeggiamenti ripetuti e forieri di “scudettini noiosi” ha convinto un po’ di gente a ritrovarsi sotto “’l cavàl ‘d bronss”. Solo una coppia di coraggiosi si è fatta girare un video in mezzo a Piazza San Carlo desolatamente vuota.
Non oso pensare al deflagrare di una festa indimenticabile per le strade di Bergamo se anziché Danilo fosse stato De Roon ad alzare la coppa.
Non è solo la freddezza torinese che ha tramato contro i festeggiamenti, comunque. Molto ha contribuito la curiosità di vedere come sarebbe finita la “pazziata” di Allegri, tra quarto uomo, arbitro, striptease macho, mani che mandano a quel paese alla Chinaglia verso Giuntoli, macchine fotografiche in mille pezzi e giornalisti lisciati senza pietà. Il giocatore di poker più incallito esclamerebbe: “Piatto ricco, mi ci ficco” ed infatti, anche senza un full servito, la gran parte dei tifosi ha preferito assistere all’evolversi di uno spettacolo poco edificante ma tanto tanto coinvolgente. E ciao Emanuele Filiberto a cavallo.
Un giorno Fabio Capello ebbe a dire che “come sappiamo farci del male noi italiani, nessuno al mondo” e quindi se dopo tre lunghi anni il popolo juventino ha l’occasione di rialzare le bandiere a festa, si deve trovare il modo per mandare tutto in vacca. Normale, no?
Hanno gioito soprattutto i “capiscers” che contrabbandano la stucchevole diatriba Allegri sì, Allegri no, per una manifestazione di sapienza pallonara. Non gli è parso vero che proprio il loro oggetto (soggetto, meglio, essendo un cristiano in carne ed ossa) di eterno giramento di torrone dialettico, li mettesse al riparo da inopinate e approfondite dissertazioni tecnico tattiche, così maldigerite da questa genìa di perfetti ignoranti.
Ecco la grande colpa da ascrivere a Massimiliano Allegri: aver dato materia di opinione a milioni di italiani che non vedono l’ora che il “gossip” venga inserito in Costituzione. E, colpa derivata, aver fornito l’occasione, ad una dirigenza in difficoltà per l’insperata vittoria data 6,65 presso i bookmakers, di trovare l’argomento per l’allontanamento, servito su un piatto d’argento.
Anch’io, pronto a disquisire dell’inserimento di Iling Jr. al posto di Kostic, che ha costretto Zappacosta a non arrivare mai in fondo al campo o allo schieramento di Nicolussi-Caviglia al posto di Locatelli squalificato, non come mero sostituto, ma come rafforzamento del filtro di centrocampo a supporto del compagno a fianco, lasciando impostare a Danilo, a Gatti, a Rabiot, volta per volta, creando già in mezzo superiorità numerica, mossa che ha mandato letteralmente in frantumi la disposizione uomo contro uomo tanto cara a Gasperini; anch’io dicevo ho dovuto rinunciare. Non c’era anima viva che parlasse di calcio.
Mi sarei accontentato di qualche amico con cui dissertare di allenatori perdenti di successo o vincenti senza gioco, ma non era serata. E mi sono ritirato nella mia cameretta, fissando il vecchio e sgualcito post di Platini, nel giorno anniversario della sua ultima gara al Comunale. Che tempi, quelli. Quando ci toccava uscire di casa per chattare dal vivo nel nostro solo, unico caro social: il bar sport nella piazza della barriera.



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