L’ANALISI – DUŠAN VLAHOVIĆ: È LUI IL SALVATORE DELLA PATRIA BIANCONERA

 


 Di Stefano Dentice

Dopo trentasei giornate di Serie A, anche se in attesa della finale di Coppa Italia contro l’Atalanta in programma mercoledì 15 maggio alle 21:00 allo stadio Olimpico di Roma, è già tempo di primi bilanci in casa Juventus. Faticando e soffrendo enormemente, davvero oltre l’immaginabile e il sopportabile, la Juve ha comunque già strappato aritmeticamente la qualificazione alla prossima Champions con due giornate d’anticipo, a dire il vero grazie al 2-1 della Dea, a Bergamo, con la Roma di Daniele De Rossi. Aver conquistato anzitempo l’accesso alla competizione europea per club più prestigiosa in assoluto, obiettivo imposto dalla società fin dai nastri di partenza, è tutt’altro che un’impresa titanica, ma resta pur sempre il traguardo più importante che la dirigenza bianconera aveva chiesto senza «se» e senza «ma» ad Allegri e ai suoi. Tra mille difficoltà, in realtà palesatesi dall’1-1 dell’Allianz Stadium con l’Empoli in poi, spicca un uomo-simbolo che, dati alla mano, ha fatto nettamente la differenza nel raggiungimento del piazzamento nell’Europa che conta: Dušan Vlahović. Ad oggi, infatti, con 16 gol in 31 match di campionato, l’attaccante serbo è il calciatore più prolifico della Vecchia Signora, nonché vicecapocannoniere, per adesso, alle spalle di un certo Lautaro Martínez, attualmente uno fra i migliori cinque attaccanti del panorama mondiale. L’anno dell’ex bomber della Fiorentina è stato contrassegnato da alti e bassi, ma nonostante ciò è risultato decisivo per le sorti di Madama. Nell’arco di questa stagione, troppe volte, ha mancato l’appuntamento con il gol: in alcuni casi perché la Dea Bendata gli ha voltato le spalle, in molti altri frangenti a causa di un’assenza totale di quel necessario killer instinct che deve essere per forza impiantato nei cromosomi di un vero centravanti. Oltre a questo evidente limite e a qualche infortunio, il rendimento del classe 2000 è stato condizionato dalle sue bizze caratteriali e da alcuni errori grossolani come, ad esempio, diversi stop orientati sbagliati, duelli fisici persi, palloni sfuggiti quando si è trovato a giocare spalle alla porta e aperture fuori misura nella ricerca dei due quinti di centrocampo. È proprio su questi difetti che Vlahović deve lavorare alacremente per migliorare e per poter anelare a diventare una stella di prima grandezza del firmamento calcistico. Ma ad onor del vero il suo bottino pesa moltissimo sul bilancio del rettangolo verde, perché senza i suoi gol la squadra bianconera si sarebbe sognata il momentaneo quarto posto e, soprattutto, la qualificazione in Champions League. Basti pensare che Chiesa, Milik, Yıldız e Kean, tutti insieme, almeno sino a oggi, hanno realizzato 11 reti in Serie A, cinque gol in meno rispetto al solo Dušan Vlahović. Questo, dunque, la dice lunga sulla prolificità dell’attacco juventino di quest’anno, segnatamente per ciò che concerne il campionato. Stando alle «divine» osservazioni dei «tatticologi filoadanisti», gente che sta al calcio come un astemio sta al Negroni, Massimiliano Allegri è responsabile anche della presunta involuzione del ventiquattrenne di Belgrado, in quanto a loro insindacabile giudizio è stato tatticamente snaturato dall’allenatore labronico. Sia chiaro, a scanso di equivoci: Allegri, in particolar modo in questa stagione, è colpevole di aver commesso tanti errori marchiani, da alcune scelte di formazioni iniziali a dir poco discutibili a qualche lettura tattica in corso di gara alquanto cervellotica, fino ad arrivare a svariate sostituzioni spesso tardive quanto incomprensibili. Ma per quanto riguarda Vlahović, il tecnico livornese ha arricchito e completato il bagaglio tattico dell’”ariete” serbo. Infatti, oltre ad accordargli sempre la fiducia garantendogli un minutaggio sostanzioso, lo ha fatto crescere nel legare il gioco abbassandolo per farlo muovere fra le linee, rendendolo assai più partecipe nella manovra offensiva e migliorandolo anche in fase di non possesso nello schermare e nell’aiutare il centrocampo a chiudere le traiettorie di passaggio. È vero, rispetto a quando era alla Fiorentina attacca molto meno la profondità, ma questo è dovuto innanzitutto alle caratteristiche tecnico-tattiche dei centrocampisti bianconeri che non sono quasi mai in grado di verticalizzare con i tempi giusti e incapaci di lanciarlo negli spazi per far sì che lui possa sfruttare appieno il suo potenziale. Certo, nonostante questi evidenti miglioramenti, secondo il pensiero del «Chiarissimo Professore» Daniele Adani dell’università "Garra Charrúa" e dei suoi fedelissimi “allievi” Max Allegri merita lo stesso l’esposizione al pubblico ludibrio in Piazza Castello, a Torino, ma è risaputo da tempo che «loro sono loro, gli altri non sono un c***o». Insomma, in definitiva, il calciatore belgradese ha rappresentato, eccome, la panacea di quasi tutti i mali di una Juventus cagionevole di salute. Senza il suo indispensabile contributo sarebbe stato buio totale. Applausi per Dušan!  


Commenti