I PREZZI DEI CALCIATORI LI FA IL MERCATO
Di Filippo Vagli
Si sta facendo un gran parlare dei sessanta milioni di euro richiesti dall’Atalanta per la cessione di Koopmeiners così come per le valutazione di altri calciatori ancora. Premessa: credo che tutti si possa convenire sul fatto che Premier League e Saudi League negli ultimi anni abbiano letteralmente “drogato” il mercato dei calciatori. Gli arabi continuano a suon di petrodollari ad acquistare non solo i migliori calciatori del mondo ma anche quelli di seconda fascia, con i club europei che per far cassa gli hanno spalancato le porte delle proprie gioiellerie. Così come negli ultimi quattro giorni dello scorso giugno (il 30 giugno era il termine ultimo per mettersi in regola con il 'fair play' inglese) la Premier League ha speso 245 milioni di sterline, oltre 288 milioni di euro. In dieci anni, i prezzi dei calciatori si sono triplicati. Il mercato si è inflazionato perché esistono una serie di club con una capacità di spesa pressoché illimitata che pagano tanto e procedono spediti da questo punto di vista. Con un effetto a cascata che ha determinato l’aumento dei prezzi in tutto il mercato. Se un club medio – piccolo riesce a cedere i propri atleti a maggior prezzo, di conseguenza, potrà poi comprare a cifre più alte. Concorrenza sleale? Ognuno con i propri soldi fa ciò che vuole ma soprattutto è soltanto una la regola: il prezzo di un calciatore lo fa il mercato. È solo il mercato che incide sotto questo punto di vista e in un’economia di libero mercato è quest’ultimo a dettare le regole. Il prezzo non è nient'altro che la quantità di denaro che un acquirente è disposto a pagare per avere un bene è determinato dall'incontro tra domanda e offerta. La stessa cosa vale nella nostra vita di tutti i giorni. Se decidiamo di mettere in vendita la nostra automobile a ventimila euro non esiste che un potenziale acquirente si presenti con quindicimila per poi scandalizzarsi se la vendita non dovesse realizzarsi. Certo, una sconticino di mille, duemila euro, ci potrà stare, ma non si andrà oltre. Legittimo che chiunque possa pensare che per la nostra auto non voglia spendere ventimila euro: benissimo, che si rivolga a qualcuno altro. Ecco perché credo che l'Atalanta abbia tutto il diritto di posizionare nella vetrina del proprio store il cartellino “60 milioni di euro” su Teun Koopmeiners. E di conseguenza, chiunque ritenga che il centrocampista olandese valga quella cifra potrà decidere di mettere mano al portafoglio. Sarebbe follia pensare che un soggetto esterno possa voler incidere sulla valutazione che una società attribuisce ad un proprio calciatore. La stessa cosa vale per la Juventus con Matías Soulè. Giuntoli era partito da quaranta milioni, è sceso a trenta, ma sotto a quella cifra non ci si andrà. Chi lo vuole porti i soldi e accetti le condizioni imposte dal club bianconero. Nel 2018 la FIFA aveva pensato ad un algoritmo per stabilire i prezzi dei giocatori onde evitare spese folli. Gianni Infantino aveva pensato ad un cocktail di dati matematici che doveva tener conto di tutta una serie di parametri secondo il modello ideato nel 2010 dallo svizzero Raffaele Poli, direttore dell’osservatorio calcistico del Cies, il centro internazionale per gli studi sportivi. Ma l’idea di portare nel mondo del calcio maggior trasparenza nel mercato grazie ad un algoritmo è miseramente fallita sciogliendosi come una bolla di sapone al sole. Non esiste e non esisterà mai un “tariffario” dei calciatori se non alcune piattaforme (quali ad esempio Transfermarkt) che analizzando una serie di parametri utili a dare un senso logico al valore economico di un calciatore proporranno quale potrebbe essere il valore corretto riguardo ad un eventuale trasferimento. Ma in ultima istanza il calciomercato resterà sempre e comunque un gioco tra le parti nel quale saranno acquirente e venditore a stabilire le regole d’ingaggio. Calcio e sostenibilità: due fattori difficili da fare incontrare tra loro. Per giungere a tale scopo servirebbe un’unione di intenti riguardo uno stop alle valutazioni al rialzo, così come alle commissioni senza logica da corrispondere ad agenti ed intermediari vari che entrano in gioco in ogni trasferimento. Si tratterebbe di un ritorno al passato, a valutazione più morigerate, più adeguate, ma principalmente coerenti al reale valore dei giocatori, soprattutto quelli di medio cabotaggio. Ma considerato che la torta da spartire è enorme, una torta dalla quale alla fine tutti riescono a mangiarne una bella fetta, credo sarà un obiettivo utopistico da raggiungere.



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