QUANDO CAPITAN SCIREA SI CARICAVA LA JUVE SULLE SPALLE

 


Di Marco Edoardo Sanfelici



Chi era veramente Gaetano Scirea in campo, con la sua bella fascia sull’omero sinistro, al netto di tutta la letteratura che spesso alimenta la nebbia della leggenda, a scapito della realtà concreta, libera da orpelli?
Era terribile “grinta”, furiosa determinazione, feroce conseguimento dell’obbiettivo; magari tutto educatamente celato dietro un alone di eleganza e stile che lo connotano. Ma il fuoco, e che fuoco, covava nelle vene e nei muscoli.
Serva da dimostrazione questo episodio vissuto sugli spalti del Comunale, qualche mese prima dei mondiali di Spagna.
Domenica 7 marzo 1982 ore 15,00. Si gioca il derby della Mole. Finalmente viene da dire, dato che a Torino il derby inizia al fischio finale della giornata che lo precede e termina, come minimo al giovedì successivo.
La Juventus è scudettata e alla ricerca del “double”, siamo alla 6a giornata di ritorno, e nessuno ha neppure l’idea in testa del ritorno asimmetrico. Il calcio è ancora un fatto serio, gestito con altrettanta serietà.
Di fronte si schiera un Torello niente male, con un Pulici sulla breccia, un Dossena che cresce e Giacomini in panchina. Certo è che nessuno può prevedere che i granata siano in vantaggio di due reti dopo solo 22 minuti.
Prima rete realizzata da un certo Bonesso (chi è costui?) col ciuffo, dopo un’incornata di Puliciclone su cross di Dossena. Zoff guarda la palla che si adagia in porta.
Non passano che un paio di minuti e…la coppia Gentile – Scirea si scontrano quasi comicamente in mezzo al campo, dando via libera a Pulici che serve nello spazio Dossena, il quale di giustezza traccia una traiettoria che finisce a fil di palo a destra di Dino Zoff. Il Toro vince 2 a 0 e non c’è nulla da recriminare.
Per meglio dire, recrimina il capitano, lui sì, dopo la figuraccia a metà campo. Nello stomaco si scaricano quintali di acidi, il mesentere fatica a contenere il subbuglio di budella attorcigliate. Perchè un campione bianconero già non sopporta l’errore, figuriamoci aver facilitato un goal ad un granata nel derby!
Ed ecco la reazione della squadra. Tardelli accorcia le distanze dopo soli due minuti. Al 24° già tre reti. Ma è qui che inizia la riscossa del capitano. Capitano vero, capitano per sempre. Scirea non torna più indietro, il Trap urla, fischia, urla un’altra volta, ma Gae demanda “Gheddafi” a coprirlo. Lui staziona al limite dell’area e non se ne va da lì e sa bene perché. Corner di Marocchino, perfettamente a centro area. E chi si materializza di testa sullo spiovente? Scirea: e chi se no? Prende il tempo ai difensori, si smarca in mezzo all’area e saetta una palla imprendibile con una staffilata di collo da paura. Bastano 8 minuti e il pareggio è cosa fatta.
I Campioni sono eterni insoddisfatti, non per spocchia, ma perché vedono obbiettivi dove i “normali” manco ci pensano. Morale: Gentile continua a stazionare al centro della difesa e Scirea resta… “alto”. E’ come se fiutasse il profumo della vendetta da consumare fredda e il più presto possibile. Ora è la Juve che sradica i palloni dai piedi degli avversari. Ora è il “Nanu” che alimenta l’azione palla al piede. Palla a Brady che la addomestica e confeziona un traversone sul secondo palo. Domanda facile facile: chi ci sarà mai ad attendere il pallone defilato e a fari spenti? Il capitano che non ha abbandonato i 16 metri fino a completo ristabilimento dei giusti equilibri. Si aggiusta la palla sul destro e “fotografa” Terraneo da distanza ravvicinata. Se la partenza è disastrosa, all’intervallo la Juve vince già. E con una doppietta, udite udite, di Scirea.
Che poi quasi allo scadere della partita, Liam Brady arrotondi il risultato inventando quello che oggi si definirebbe un “tiroaggìro” (altro che Insigne e compagnia cantante: il padre del tiro effettato a cercare il palo opposto è Brady, prendere nota), fa parte dello score del giorno.
Ecco chi è un capitano vero, uno juventino che non può sopportare di “andare sotto” per colpa propria, un esempio per i compagni e per le generazioni di bianconeri che verranno. Tutto in una domenica nuvolosa come solo a Torino, quando il cielo si chiude e non sente santi per riaprirsi. Anche perché della luce atmosferica non se ne sa che fare: bastano le coreografie delle curve e la reazione nervosa di un campione, sorretta da una classe immensa. Non è leggenda, non è racconto epico, è un ricordo di una domenica viva nella memoria, vissuta in curva col groppo in gola per mezzora e gioia infinita fino al derby successivo.
Cari “pischelli”, ho visto cose che manco vi immaginate e non sapete che cosa vi siete persi…


Commenti