Mc KENNIE “BUGIA NEN”, OVVERO TORINESE AD HONOREM

 



Di Marco Edoardo SANFELICI

Chi ha qualche anno di troppo si ricorderà che alla fine di ogni stagione, a Vinovo nella notte dei tempi, c’era un calciatore che andava subito di buon diritto nella lista dei “vendibili”. Il suo nome era Antonio Conte. Non si è mai capito per quale arcano motivo il centrocampista juventino andasse di filata sulla lista dei partenti stilata da giornali, televisioni, tifosi (incredibile!). Chissà? Forse perché non dava la stessa impressione di eleganza di Beckenbauer e Scirea?


Salvo poi, altrettanto regolarmente essere riconfermato per l’anno successivo, fino a divenire capitano e perciò incedibile, a furor di popolo (strano, non era sulla lista dei tifosi? Ah, che scherzi fa, la pancia!)

Un fatto analogo si sta ripetendo in questi giorni, il soggetto è Weston McKennie, centrocampista alla pari di Conte. Non c’è anno che non sia in rampa di lancio per chissà quale meta, dato per strasicuro partente da testate giornalistiche autorevoli e televisioni che “fanno opinione”. Per la verità in questa sessione di mercato l’americanino ci ha messo del suo ed in misura abbondante, dato che ha avuto, o qualcuno per lui ha avuto, la spudorata idea di chiedere aumenti non del tutto giustificati.

La parola “aumento”, se riguarda gli emolumenti che la Juventus paga ai propri giocatori, è qualcosa che fa passare il buon umore al Direttore Sportivo e la diretta conseguenza è l’isolamento ai margini della squadra, anzi meglio se trattasi di autentica condanna al “fuori rosa”.

Sarà stata l’esperienza di vedersi un giorno passato, parcheggiato  in un amen al Leeds United, quindi essere stato scottato già una volta; sarà il fatto che forse l’azione volta alla pretesa di adeguamento di stipendio non era stata formulata con un atteggiamento talebano; sarà, con una percentuale decisamente superiore, che mister Motta la sera di Göteborg si è voltato verso la panchina ed ha trovato solo Carlìn Pinsoglio; sta di fatto che lo yankee dal ciuffo “stars and stripes” è tornato come per incanto tra i convocabili.

Della serie: non mi ha cercato nessuno, qui sto bene ed in fondo, 2 milioni e mezzo comunque sia, valgono bene una messa (sul conto bancario). Non vado oltre: a me piace dare una versione “tifosa”, fatta di sentimenti pionieristici, di valori di campo che appassiscono di anno in anno come gli oleandri lungo l’autostrada adriatica, sempre più pallidi ed irriconoscibili.

Voglio pensare che la Juventus sia ancora una chimera da raggiungere e blandire e quando un calciatore di secondo piano riesce a toccare la visibilità grazie a partite giocate alla grande e impreziosite da realizzazioni importanti, come una rete di  testa in un derby in rimonta, indossando la maglia bianconera, si metta in moto un meccanismo del sentimento che lo porti a dare priorità  a questa società, prima di qualsiasi altra.

Voglio pensare che anche Weston sia riconoscente e si senta chiamato in causa per restituire, in un certo senso ciò che la Juve gli ha dato. Non mi sia vietato di leggere nella sua conferma un qualche granello di senso di appartenenza, di disponibilità ad abbracciare i progetti che verranno, senza lesinare impegno e sudore.

Perché, in ultima analisi, McKennie ha dimostrato di essere dotato di “gioielli di famiglia” e di averli fatti brillare in tante situazioni (ricordo di ripetuti “lui deve sempre giocare”) nelle stagioni passate, con un’ultima in crescendo. Non penso che Thiago Motta disdegni i cosiddetti “grintosi boscaioli” di metà campo.

Weston è rimasto con noi e ne sono felice, anche per il fatto che, di riffa o di raffa, la sua scelta permette agli irriducibili romantici di rammentare uno dei tanti detti a proclama di Gianni Agnelli:  “Chi vuole a  tutti i costi giocare nella Juventus, lo fa anche per un tozzo di pane”. In un tempo in cui anche “vincere non è più tanto l’unica cosa che conta”, citare brani di saggezza dell’Avvocato, fa bene al cuore e all’identità juventina.

                     

Commenti