LA SCHIZOFRENIA DEL CALCIO ITALIANO

 


Di Filippo Vagli

Daniele De Rossi licenziato dopo solo quattro giornate di campionato. Paulo Fonseca già messo in graticola da qualche settimana a Milano dove è bastato un passo falso contro il Liverpool per far scattare un immediato briefing tra con Ibrahimovic, Furlani e Moncada nel ventre di San Siro e costringere i calciatori rossoneri a rimanere nell’impianto insieme al proprio mister fino oltre la mezzanotte. Ovviamente non mancano le speculazioni sui sostituti del tecnico portoghese con i nomi di Maurizio Sarri e Massimiliano Allegri che sarebbero pronti a mettersi in macchia con direzione Milano. Alla faccia della programmazione. il calcio italiano non impara dai propri errori e questo vale sia per i dirigenti che per i tifosi. È una consuetudine tipicamente italiana quella di non avere un minimo di equilibrio nel dare giudizi, esaltandosi ai primi raggi so sole così come abbattendosi alle prime gocce di pioggia. Torniamo per un attimo nella capitale. Nel febbraio 2024, dopo che De Rossi era subentrato a Josè Mourinho da sole quattro partite, si parlava di lui come di un predestinato della panchina, come il guru della nuova generazione di tecnici nostrani avendo rivoltato la Roma come un calzino riuscendo a darle un gioco moderno ed efficacie in sole quattro settimane. Peccato che a distanza di soli sette mesi a De Rossi siano basate quattro partite per distruggere la stessa squadra dal momento che essendo stato esonerato è stata caricata sulle sue spalle tutta la colpa di questo insufficiente inizio di campionato della squadra giallorossa. In relazione a tali teorie, sembrerebbe che in sole quattro settimane si possa modificare le sorti di una squadra, sia nel bene che nel male. Peccato che chiunque abbia praticato un po’ di sport di squadra, anche a livello amatoriale, sa perfettamente che non funziona così. La cosa che più mi preoccupa è che una narrazione analoga la stiamo vivendo anche in casa Juventus nei confronti del nuovo allenatore. Fortunatamente sotto la Mole questo “male” ha colpito solo una parte della tifoseria dal momento che la dirigenza è totalmente compatta e allineata all’ex allenatore di Genoa, Spezia e Bologna. La Juventus vince contro Como e Verona e Thiago Motta tutto d’incanto diventa meglio di Trapattoni, Lippi, Capello, Conte e Allegri messi insieme. Arrivano due pareggi con Empoli e Roma e l’allenatore italo brasiliano improvvisamente per i “capiscer” diventa l’ex “prescritto - cartonato” capace solo di mostrare un gioco monocorde e difensivista come quello del suo predecessore. La schizofrenia non finisce qui. La vittoria contro il PSV è tornata a  far idolatrare Thiago Motta come il condottiero che farà vincere già quest’anno non solo lo scudetto ma anche la Champions League a Madama. E sono certo che al primo passo falso si cambierà nuovamente linea di pensiero. In qualsiasi attività umana quando un gruppo di lavoro cambia la maggior parte dei suoi componenti, a tutti i livelli, è fisiologico un periodo di assestamento per consentire a quel gruppo di diventare una squadra. Gruppo e squadra: due concetti molto diversi fra loro ma che spesso vengono sovrapposti in maniera impropria. Un gruppo altro non è che un insieme di persone impegnate in un’attività comune. Una squadra invece è un qualcosa che necessita di obiettivi chiari, di un modo di interagire consapevole così come di ruoli stabiliti che devono essere accettati da tutti e sviluppati nel tempo. Stabilire ruoli, compiti ad essi connessi, nonché i rapporti tra i ruoli stessi; questo significa fare squadra. Essere una squadra vuol dire avere un  metodo di lavoro basato su regole di cui tutti devono essere consapevoli e convinti, sia quando le cose vanno bene che quando le cose vanno male. Ecco perché per poter dare un minimo giudizio sul lavoro di Thiago Motta bisognerà attendere ancora un po’ di tempo, di allenamenti, di partite, evitando di esaltarsi dopo vittorie con Como e Hellas Verona, così come di deprimersi dopo un paio di pareggi. Semplicemente il nuovo tecnico e la nuova squadra bianconera devono trovare la loro dimensione e da gruppo diventare squadra. Il famoso “noi” che deve essere anteposto all’”io” di cui parlò Cristiano Giuntoli nel corso della sua presentazione nell’estate 2023. Nel frattempo, godiamoci la solidità difensiva già raggiunta dalla Juventus così quanto di buono stanno facendo intravvedere a livello di potenzialità i nuovi arrivi Kalulu, Koopmeiners, Nico Gonzalez, Thuram, Conceicao, Di Gregorio, Cabal, Douglas Luiz, Adzic. E perché no la rivitalizzazione di “vecchi” quali il neocapitano Federico Gatti, il tanto vituperato Manuel Locatelli e l’ex “epurato” Weston McKennie e l’esplosione di giovani talenti quali Kenan Yildiz, Nicolò Savona e Mbangula. Pe il resto lasciamo le ingiustificate frenesie in altre piazze, quali Roma e Milano. Diamo il tempo al nuovo staff tecnico di lavorare facendo elevare settimana dopo settimana il livello della squadra attraverso gli allenamenti e il trascorrere delle partite. Con il principale obiettivo di ricercare le soluzioni da adottare quando la Vecchia Signora tornerà ad affrontare squadre chiuse come l’Empoli di sabato scorso anziché aperte e propositive come invece accade quando si gioca in Europa.  

 


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