IL MIO PRIMO SCUDETTO - MARCO SANFELICI PER JDENTITA' BIANCONERA

 


DI Marco Edoardo SANFELICI

Alle 17,30 in punto parte il collegamento radio con i campi interessati. Mi apposto in prima fila, seduto sul tavolo del tinello, di fronte al Telefunken a manopole di casa, con la barra della sintonizzazione che da sinistra a destra scorre su tutta la gamma di modulazione. Ah, quanto è bello osservare la radio che balugina nella notte, mentre Mina, Celentano e Lucio Battisti ritmavano le nostre vite…
A nulla valgo le rampogne di mia madre, da quel posto non mi schioda nemmeno John Vigna. Strano ma vero, si gioca di giovedì l’appendice della giornata conclusiva di una stagione tiratissima, densa di sorprese e di polemiche. Si tratta di dare alla truppa di Helenio Herrera modo di riprendersi dalla fatica della finale contro il Celtic, persa. E’ il 1° giugno e siamo nel ‘67. Inter e Juventus si disputano la vittoria dello scudetto, dopo un testa a testa durato dalla prima giornata. Un Inter blasonata che sembra avviarsi all’ennesima conquista, ma… Sulla autostrada voluta da Giovanni Agnelli per andare in fretta da Torino a Milano, i bianconeri juventini, guidati dal capostipite dei “sergenti di ferro”, tal Heriberto Herrera paraguagio, non mollano di un metro. Sempre attaccati ai garretti, anche se il signor De Marchi prova a metterci del suo, negando un evidente rete di De Paoli a Roma, contro la Lazio, con la palla entrata a vista d’occhio ed uscita per un singolare rimpallo tra palo e rete. Il gol di Muntari? Quisquilie, pinzillacchere… La sudditanza psicologica ha tinte nerazzurre, l’altro Herrera si atteggia a “gnorri” e Brera imperversa. “E ti, sta ciuto!” Sta zitto, tu.
La squadra di capitan Facchetti da aprile dà l’idea di essere sulle gambe. Intanto però Non si conosce la creatina, ma ci si arrangia con qualche caffè. Alla Pinetina poi… rivolgersi al fratello di Mazzola Sandro, “el bafo de conquista”. A Torino i nerazzurri prendono una scoppola sonora ed il distacco a 3 giornate dalla fine si riduce ormai ad un solo punto.
Pare che mi venga la premonizione. Alle 17,30 la voce calda, suadente ed un poco impertinente di Paolo Valenti lancia il collegamento con Mantova. Ebbene sì, il Mantova è in serie A ed a pieno titolo, con Edmondo Fabbri trainer del miracolo. Proprio chi è abituato ai miracoli può credere che la grande Inter di H.H. possa perdere a Mantova. “A voi, Mantova” “Qui Mantova, il Mantova conduce 1 a 0, con rete rocambolesca di Di Giacomo, con la complicità incredibile di Sarti”. Giuliano Sarti, grande portiere: solo che questa volta assomiglia più ad una ballerina del Bolscioi che ad una saracinesca.
Mi viene subito l’istinto di abbracciare la radio, troppo in alto per riuscirci. “A voi, Torino”. La voce di Andrea Boscione, stridula e strascicata, inizia. “Appena ora Di Pucchio ha realizzato il rigore concesso per fallo di mano di Bercellino…” No, no. no, proprio ora che l’Inter perde, no, no, no… “….dopo però che Bercellino stesso e Zigoni avevano portato la Juventus sul 2 a 0”. Allora fa 2 a 1! Allora stiamo vincendo! Allora lo scudetto è nostro! Ma che cavolo di radiocronaca: c’è voluto un esercizio di matematica per capire che vinciamo noi….
Povera mamma, con tutti i riflessi possibili, non si può certo immaginare che quel bolide che la investe sia suo figlio sotto effetto di un’esplosione di gioia senza pari. La bacio, l’abbraccio, salto e impazzisco, mentre lei sorride senza nascondere una piega perplessa sulla fronte. Mi precipito in cortile gridando a squarciagola: “Juve, Juve, Juve”, in direzione di quello là, del Toro, che mi senta ben bene. Siccome “ ‘l monsù” sta anche molto antipatico a mamma, non ricevo il solito stop alle marachelle: ho il permesso materno al cosiddetto pazziamento! Giacché, quando ci vuole, ci vuole. Davanti alla porta del nostro appartamento si raduna intanto il  “Juventus club corso Novara 47 bis” e tutti gli altri ben dentro casa: guai a mettere la testa fuori.
L’Inter spavalda di 20 giorni prima, in una settimana lascia sul campo Coppa dei Campioni ai ragazzoni del Celtic, trascinati da un’ala fulminante di nome Johnstone e campionato alla Juve di Vittore Catella. D’altronde è risaputo che il campo è sovente inviso ai nerazzurri, salvo poi rifarsi in un secondo tempo su altre superfici, dai tavolini alla carta rosa.
In questo modo vinco il mio primo scudetto. Ho 11 anni e da almeno 5 sopporto gli sfottò di coetanei milanisti ed interisti, abbagliati da Rivera e Mazzola. Il giorno dopo, 2 giugno e festa della Repubblica, mi vendico con gli interessi. Ora è chiaro perchè, se qualcuno pronuncia casualmente i cognomi di Salvadore, Del Sol, Cinesinho, Bercellino I°, Castano, Zigoni, De Paoli il sottoscritto scatta sugli attenti. Sono gli idoli di un pomeriggio di inizio estate che battezza nel sole che tramonta dietro le montagne la nascita di un giovanissimo tifoso alle vittorie dell’amata Juventus. La prima vittoria di tante altre, a decine e decine. Il primo scudetto però, non si scorda mai.









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