QUEL DIVIN CODINO AL DELLE ALPI.. FONDAZIONE JDENTITA' BIANCONERA

 


DI Marco Edoardo SANFELICI per FONDAZIONE JDENTITA' BIANCONERA

Che non si tratti di un tipo che passa inosservato, se ne accorgono già al Vicenza. Che sia un calciatore di cui innamorarsi e tappezzare l’immancabile “stanza” coi suoi poster, a Firenze ne divengono certi nel breve volgere di mezza stagione. Succede, se di mezzo c’è un artista, un estroso, uno spirito libero, come le stelle connotano gli acquariani! E Roberto Baggio è un acquario del 18 febbraio. Perchè di lui sto parlando, di un genio che “pennella” il campo di gioco, “affresca” l’area di rigore con la sua arte di prestigiatore pallonaro. Gli acquariani: tutti un po’ artisti: vi ricordate Causio? Acquario! Buffon? Acquario! Batistuta, Cristiano Ronaldo? Udite, udite: il sottoscritto!!! Tutti acquari! Le stelle però non sempre si rivelano benevole con Baggio Roberto (non Dino!): infortuni su infortuni segnano pesantemente la sua parabola, a cominciare da un’esplosione di legamenti, menisco e via andare che sembra troncargli la carriera sul nascere. E se la Fiorentina crede in lui e lo aspetta (avete presente Pepito Rossi? Uguale!) non deve stupire che un affettivo come Roby Baggio (affezionarsi: altra caratteristica degli acquari, garantisco!), digerisca con difficoltà il trasferimento a Torino, sponda Madama. Lui alla fine se ne fa una ragione (ed un conto in banca!); ma la reazione dei fiorentini è riportata sui libri di storia e la fuga dei Pontello sa di Alcatraz! Baggio dunque a Torino. Con Maifredi, al cospetto del “calcio champagne”, al delle Alpi, entro cui esibirsi come la bella Otero! Goal a grappoli, soprattutto a risultato acquisito. Ricordo una tripletta al Parma neopromosso in pochi minuti, dall’80° alla fine. Ma si vince già 2 a 0 e con fatica. Ricordo 4 goal all’Udinese nella stessa partita. Ricordo anche che, dopo circa 3 secoli, quell’anno la Juve restò fuori dalle Coppe. A cosa sono dunque servite tante reti? Il fatto è che dopo aver smaltito la sbronza di champagne, alla Juve ritorna un pragmatico come Trapattoni e con lui a tavola la buona e fresca acqua naturale (acqua…acquario, una razza, una fazza!) e Roby nostro incomincia a capire che in bianconero non è permesso lo svolazzo, se non funzionale alla squadra ed al risultato. Non per niente presidente resiste ancora uno che di motto fa: ” Vincere non è importante, ma è l’unica cosa che conta”, nella migliore accezione del vero e profondo significato: non darsi mai per vinti e osare fino alla fine. Per sottolineare il vezzo tutto suo dei riccioli cadenti e tenuti insieme da uno spago “a la page”. Roberto Baggio diviene “Divin Codino” ed aiuta la Juve a contrastare lo strapotere del Milan di Capello in Italia e fa strabiliare l’Europa, consegnando alla Signora una Coppa U.E.F.A. praticamente vinta da solo. Memorabile (presente al “delle Alpi”, 2° anello) una punizione all’incrocio che dà la vittoria interna contro il Paris S. G. in semifinale. Premio dei premi, il Pallone d’Oro votato quasi all’unanimità. D’altra parte, in Europa non si sono dimenticati di goal da far cadere la regina Elisabetta dal trono o da commuovere Margareth Thatcher: i coast to coast “marchio di fabbrica” come al Napoli o alla Cecoslovacchia. Roberto Baggio, nemico dichiarato dei ragni che sostano in settimana agli incroci dei pali: ogni domenica, quantità industriali di ragnatele vengono smontate dalle traiettorie di calci dal limite oserei dire fatali. Autentico penalty-man, tranne che a Pasadena, in una maledetta finale dei mondiali U.S.A., finale in cui trascina 55 milioni di italiani, anche contro gli integralismi di tal Arrigo Sacchi da Fusignano. Siccome è talmente facile rimangiarsi le proprie convinzioni, Sacchi lo fa scendere in campo a tutti i costi, non ostante uno strappo e conseguente presenza a scartamento ridotto. L’ultimo rigore tirato alto, ha il sapore amaro di calciato “contro le stelle”, quasi una ribellione baggesca nei confronti del destino. Proprio quel destino che lo doveva mettere di fronte all’altro pittore della storia juventina, tale Alessandro Del Piero da S. Vendemiano detto Pinturicchio. A proposito, quanti campioni che la terra veneta regala alla Signora! Mai anonimi o insignificanti, juventini veri. Tra un quadro qui ed una pennellata là, la dirigenza di piazza Crimea punta sul giovane e scarta il vecchio (si fa per dire): il primo scudetto dell’era Lippi però porta ancora il marchio del capitano dalla fascia buddista. La sua cessione al Milan, immediatamente successiva, avviene in un clima di contestazione dei tifosi senza precedenti: il film di Firenze che si ripete. Perché i fuoriclasse che danno un senso all’appartenenza ad una fede e ad una identità, si amano e non ci si vorrebbe mai privare. Roberto Baggio da Caldogno porta un numero limitato di trofei nella bacheca societaria, ma lascia un segno indelebile in tanti cuori juventini e di esteti del pallone. Si paga volentieri il biglietto, se Roby è in formazione: tutto qui! Cinque anni insieme da “gogamigoga” del pallone, spensierati come in quelle due ore domenicali, in cui si stacca la spina dal mondo. Con lui in campo e negli occhi: divin codino, coniglio bagnato, come si preferisce, ma mai uno qualunque! La sua carriera è ancora lunga e variegata, ma in altre piazze, con altri obbiettivi. Noi “rigati” intanto ci concediamo un “erede” durato20 anni, più che abbastanza per noi e niente di niente per il mondo del calcio “altro” ed estraneo.


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