L’EDITORIALE – JUVENTUS: IL PANETTONE BIANCONERO È AGRODOLCE

 



Di Stefano Dentice

Indigesto, no. Agrodolce, sì. Il panettone “Made in Continassa”, dopo quattro mesi di stagione, non ha un retrogusto così succulento. La Juventus, ad oggi, è sesta in classifica con 32 punti, attualmente a nove lunghezze dalla capolista Atalanta e a tre dalla Lazio quarta in classifica, piazzamento utile per la qualificazione in Champions. Quello della Vecchia Signora è il quinto miglior attacco della Serie A (30 gol realizzati), un bottino piuttosto magro visto e considerato l’eccellente potenziale offensivo a disposizione dei bianconeri, mentre Madama si colloca al secondo posto per reti subite (15) in coabitazione con Inter e Fiorentina, un dato questo che, sulla carta, sembra essere confortante. Nell’Europa che conta, invece, la squadra di Thiago Motta ha raccolto 11 punti in 6 partite, frutto di 3 vittorie, 2 pareggi e una sconfitta, con 9 gol segnati e 5 incassati. Nel mezzo, il roboante 4-0 agli ottavi di Coppa Italia contro il Cagliari, all’Allianz Stadium, che ha permesso alla Juve di staccare il biglietto per i quarti della coppa nazionale. Al netto di questi numeri, la formazione guidata dall’ex allenatore del Bologna deve necessariamente compiere un salto di qualità definitivo. Gli undici pari ottenuti fin ora in campionato sono davvero sinonimo di pareggite acuta, una “patologia” piuttosto preoccupante innanzitutto ai fini della classifica che, in questo momento, di certo non sorride a trentadue denti alla Juventus. Oltre alla caterva di infortuni che ha colpito e colpisce ancora i bianconeri, un grosso problema che sta diventando più difficile della risoluzione del Cubo di Rubik, la netta sensazione specialmente nelle ultime uscite è quella di una totale mancanza di equilibrio fra fase di possesso e non possesso. Infatti, nei match in cui si creano svariate occasioni da rete, di contro si concede troppo campo agli avversari, frangenti in cui si percepisce la paura di subire gol. Ciò non accadeva fino a due-tre mesi fa, anche grazie alla presenza del baluardo Gleison Bremer, lungodegente a causa del gravissimo infortunio subìto. Ma questo non deve assolutamente rappresentare un alibi. L’equilibrio, nel calcio, è tutto! Ed è proprio su questo aspetto che Motta deve lavorare alacremente, per evitare spiacevoli sorprese da qui al termine dell’annata. L’altra problematica che si spera non diventi endemica è legata agli innumerevoli errori tecnici, ma principalmente all’incapacità di mettere in ghiaccio le partite, all’assenza di quel killer instinct negli ultimi 15-20 metri attraverso cui si dovrebbe blindare il risultato per non incorrere in pareggi che, troppo spesso, hanno avuto il sapore della sconfitta. A proposito di sconfitta, questo sostantivo è per fortuna bandito dal “dizionario” bianconero, almeno fino a questo momento. Infatti, la Juve è l’unica squadra della Serie A che non ha mai perso neppure una gara. Un dato, questo, di straordinaria importanza, ma che purtroppo non basta per quanto concerne la classifica. A gennaio riaprirà il mercato, finestra invernale che Cristiano Giuntoli e i suoi dovranno sfruttare sapientemente: in primis, urge un sostituto di Bremer, in secondo luogo serve come il pane un vice Vlahović, perché pensare di recuperare Milik al 100% è quasi utopistico. Nico González, seppur tatticamente polivalente, non è per nulla un centravanti puro. Soffermandosi ancora sui singoli, Kalulu, Thuram e Conceição sono i tre nuovi innesti che, fino a questo momento, hanno dimostrato di saper reggere il peso della maglia della Juventus, con il portoghese «tascabile» che, per distacco, è quello più determinante in assoluto. Gli altri, Douglas Luiz e Koopmeiners su tutti, devono ancora rendersi davvero protagonisti: il brasiliano è una sorta di meteora a causa di un numero impressionante di problemi fisici, l’olandese è ancora troppo in versione “luci e ombre”; a dir la verità più ombre che luci, purtroppo. Dopo quattro mesi di stagione, francamente, ci si aspettava qualcosa in più non solo sul piano del gioco, ma soprattutto per quel che riguarda i risultati. Sia chiaro, nulla è perduto, ma la strada da percorrere è ancora lunga e sdrucciolevole. Al «risulchista» Thiago Motta, l’arduo compito di rendere questa strada sempre più breve e meno impervia possibile.


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