CONFUSIONE E INCERTEZZE: LA JUVENTUS ALLA RICERCA DI UN'IDENTITÀ

 


Di Filippo Vagli

La Juventus di oggi è una squadra caratterizzata da una profonda confusione, un caos palpabile e un disordine che permea ogni aspetto del gruppo. Uno stato di incertezza che genera un senso di smarrimento nei giocatori e nei tifosi, contribuendo a una preoccupante mancanza di lucidità nelle decisioni e nelle prestazioni. Il tonfo contro il Benfica ha rappresentato l’ennesimo indizio dello “stato confusionale” in cui versa la Juventus, sia sul piano tattico che mentale. L'assenza di un'identità di gioco definita, di una struttura solida, di un undici di base, così come di una spina dorsale chiara è evidente. Sette capitani diversi, le continue rotazioni di formazione e più giocatori frequentemente impiegati in ruoli non loro non hanno aiutato a creare stabilità, minando la fiducia di più giocatori. La fragilità psicologica di questo gruppo è a dir poco allarmante. Molti giocatori mostrano segni di confusione e tristezza, e anche il linguaggio del corpo di Motta è cambiato in maniera significativa, segno di una pressione sempre più forte. Situazione del tutto comprensibile, quando si allena la Juventus. La sensazione che traspare è quella secondo cui sembra che la squadra non riesca a seguire il proprio allenatore, il quale pare essere a sua volta arroccato e intrappolato nelle sue idee calcistiche che lo portano a voler insistere con eccessiva ostinazione su un modulo inadeguato rispetto alle risorse a disposizione. Visto che i risultati non migliorano, sarebbe opportuno considerare modifiche significative. Ogni allenatore di valore dovrebbe saper adattarsi al materiale a propria disposizione, soprattutto quando siede sulla panchina di un grande club. Ma sarebbe eccessivamente semplicistico addossare tutte le colpe della situazione attuale sulle spalle dell’allenatore. Responsabilità che ricade inevitabilmente su tutti: dalla dirigenza ai calciatori, passando per l’allenatore. La “difesa a uno” di mercoledì sera con il Benfica, con tre elementi su quattro adattati nella linea difensiva durante una partita di Champions League è un chiaro indicatore degli errori di programmazione del club stesso. Come è possibile che una situazione così folle accada in una realtà calcistica di così alto profilo? Ma le domande da porre all’attuale management bianconero non si esauriscono qui. Come mai non si è intervenuti subito dopo gli infortuni di Bremer (2 ottobre 2024) e Cabal, intessendo trattative serrate in modo da far arrivare a Torino un difensore centrale degno di questo nome il 1° gennaio 2025? È stata una scelta saggia svincolare Danilo (con il contratto in scadenza a giugno prossimo) in modo così affrettato e discutibile, un comportamento insolito per un capitano della Juventus, soprattutto senza avere un sostituto pronto all'inizio del mercato. Come mai non è stato acquistato un vice Vlahovic la scorsa estate conoscendo lo stato delle ginocchia di Arek Milik? Una serie di errori di valutazione che non si addicono ad un club come la Juventus. Nessuno mette in dubbio che il piano di rinnovamento della Juventus, firmato da Giuntoli e Motta, richieda tempo; tuttavia, dopo più di sette mesi senza segni tangibili di progresso, è comprensibile che sorgano dubbi e preoccupazioni. Inquietudini che inevitabilmente chiamano in causa anche la proprietà. È plausibile che Giuntoli sia l'unico responsabile delle decisioni “calcistiche” all'interno dell'area tecnica? Al termine di Juventus – Benfica Alex Del Piero ha dichiarato: “Alla Juventus manca qualcosa, la squadra ha bisogno di supporto non solo dall'allenatore, ma anche dalla dirigenza. Servono coesione e unità”. Parole importanti quelle dell’ex capitano bianconero che trasudano di quella leadership e di quelle competenze che oggi mancano nei quadri dirigenziali dell’attuale Juventus.

 

 


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