DANILO E L'ADDIO DIGNITOSO: UN CAPITANO MERITAVA DI PIÙ

 


Di Filippo Vagli

Che Thiago Motta non considerasse Danilo una sua priorità lo si era intuito fin dalle prime dichiarazioni del tecnico italo brasiliano. Che lo stipendio del capitano bianconero fosse diventato un peso per la società, era cosa altrettanto nota. Che Danilo stesso non sia riuscito a dimostrarsi all'altezza della sua fama nel nuovo sistema difensivo della squadra è stato evidente. A fronte di tutte queste considerazioni, con l’aggiunta del contratto in scadenza il 30 giugno 2025, non ci sarebbe stato nulla di scandaloso nel salutarsi a fine stagione con una bella stretta di mano. Non si trattava di doverlo trattenere al dispetto dei santi, dato che la decisione di Motta sul giocatore era già stata presa da settembre. E tra l’altro, è parte delle normali dinamiche che caratterizzano gli attuali rapporti tra club e atleti in questo calcio nel quale la dimensione economica prevale su quella romantica. Ciò che più lascia l’amaro in bocca è il modo in cui è avvenuto questo distacco. Non sarebbe stato difficile affrontare un addio in modo molto più dignitoso, soprattutto in considerazione che stiamo parlando di un capitano, di un calciatore che ha saputo conquistare la stima dei compagni e l'affetto dei tifosi, i quali con un approccio più maturo, accetterebbero meglio certe separazioni. È possibile affrontare un addio in modo molto più dignitoso, soprattutto quando si tratta di un capitano, di un calciatore e di un uomo che ha saputo conquistare la stima dei compagni e l'affetto dei tifosi. Danilo, è persona di valore, e avrebbe meritato un'uscita di scena più calorosa, magari con un giro d’onore all’Allianz Stadium, come già accaduto in passato con Szczesny. E invece la gestione del suo caso da parte della Juventus si è rivelata l’ennesimo errore di questa società la cui freddezza sta deludendo sempre di più il popolo bianconero e con ogni probabilità gli stessi compagni di squadra che non si aspettavano un simile trattamento per un leader che fino a poco tempo fa era considerato un punto di riferimento per l’intero spogliatoio. Con un addio diverso nei tempi e nei modi, anche Danilo stesso avrebbe probabilmente scritto una lettera d’addio meno tagliente. Un messaggio che, con la sua evocativa citazione di Andrea Agnelli, ha toccato i cuori dei sostenitori juventini più di qualsiasi altra prestazione della squadra di Thiago Motta. Lettera di Danilo che resterà nella memoria collettiva bianconera inquanto ricca di emozioni e sincerità, che proprio per questo ha scatenato una serie di reazioni nel mondo juventino già scosso dalla costante ricerca di colpevoli all'interno della Juventus, con una tendenza a pensare che sia sufficiente rottamare l’allenatore per risolvere ogni problema. Quello che traspare dall’esterno è l’evidente frenesia di riforme che facciano tabula resa del passato quando invece sarebbe più saggio mantenere la calma e non perseguire sempre la strada della rottura, ma piuttosto di cercare di riparare ciò che non funziona. E di cose che non funzionano ve ne sono tante in questa giovane Juventus. Dalla labilità di una squadra che subisce rimonte come se non ci fosse un domani. Dalla gestione dei “casi” Koopmeiners e Douglas Luiz. Dall’intransigenza di un tecnico talentuoso ma inesperto e rigido come un pezzo di legno. Fino ad arrivare alla mancanza di quello spirito juventino di cui tanto si sente la mancanza sia durante le partite che in più dichiarazioni poco felici. La Juventus prima di pensare a rivoluzioni tecniche deve ritrovare la propria identità, quella di cui Danilo parla nella sua lettera, e che sembra essersi totalmente persa nel tempo.


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