L’ANALISI – JUVENTUS: LA FASE DI NON POSSESSO È IL VERO TALLONE D’ACHILLE

 


Di Stefano Dentice

Una casa, da che mondo è mondo, si costruisce dalle fondamenta. Una squadra di calcio di qualsiasi categoria, da che mondo è mondo, si costruisce dalla difesa. Questo concetto, ça va sans dire, vale anche per la nuova Juventus targata Thiago Motta. La gestione scriteriata e scellerata della fase di non possesso di questa Juve, soprattutto negli ultimi due mesi di stagione, fra Serie A e Champions, è un campanello d’allarme che sta suonando talmente forte tanto da mettere a dura prova i timpani delle orecchie dei tifosi juventini e degli addetti ai lavori di fede bianconera. Basti pensare solo al mese di gennaio, in cui la Vecchia Signora ha perso 2-1 contro il Milan in Supercoppa Italiana, pareggiato 1-1 con Torino e Atalanta in campionato, vinto solo con i rossoneri 2-0 sempre in campionato, pareggiato 0-0 con il Brugge, perso 2-1 contro il Napoli e 2-0 all’Allianz Stadium di Torino con il Benfica, per rendersi conto che l’imperforabile bunker di Madama d’inizio annata si sta drammaticamente trasformando in un muro di cristallo pronto a disintegrarsi alla prima difficoltà. Ma l’aspetto ancor più preoccupante è la totale incapacità di organizzare la fase difensiva soprattutto nelle transizioni negative. In troppe occasioni, al cospetto di qualunque avversario, Locatelli e compagni si lasciano tagliare a fette, specie in verticale, con massimo cinque passaggi che mettono in condizione i centrocampisti e gli attaccanti avversari di rendersi sovente pericolosissimi negli ultimi 15-20 metri. Ciò denota uno scollamento pauroso fra i reparti, una squadra lunga, sfilacciata, mai in grado di fare filtro e di opporre una reale resistenza. La causa non è solo ed esclusivamente riconducibile a un atteggiamento difensivo completamente errato, ma anche a una costante inferiorità numerica, specialmente nel cono centrale, che provoca voragini come se non esistesse un domani. Qui è sotto accusa anche l’ormai «intoccabile» 4-2-3-1 di Motta, che con ogni probabilità non cambierebbe modulo tattico neppure se fosse folgorato sulla via di Damasco. In un momento come questo, forse sarebbe molto più saggio quantomeno provare a schierare un 4-3-3 più solido e compatto per rinforzare la linea mediana, rinunciando magari ai tre trequartisti alle spalle della punta. Un trio formato da Thuram-Locatelli-Koopmeiners potrebbe rappresentare una soluzione valida che garantirebbe il giusto mix di qualità, quantità, possesso e interdizione, invece di insistere pervicacemente sull’utilizzo del doppio mediano. Ma oggi l’ex allenatore del Bologna sta dimostrando di essere in grande confusione, di aver perso la bussola. Non solo: il tecnico italo-brasiliano continua a sperimentare tatticamente come se stesse allenando un Baracca Lugo o una Longobarda qualsiasi. Sia chiaro, ben vengano gli esperimenti, ma quando non portano i frutti sperati bisogna avere il coraggio di invertire immediatamente la rotta per correre ai ripari. Lui, invece, sembra non voler cambiare idea nemmeno per sbaglio. Questo è un momento delicatissimo per tutto l’ambiente bianconero. Dunque se il «risulchista» di São Bernardo do Campo non troverà davvero la giusta quadra prima di subito, il rischio di fallire miseramente sarà sempre più concreto. Con buona pace di tutti quelli che, illuminati da «adaniana» sapienza, erano convinti al 100% che con l’approdo a Torino di Thiago Motta si sarebbe visto un calcio tutto caviale, ostriche e champagne. Fino ad adesso, invece, è rimasto solo il panettone. Scaduto e indigesto. 


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