THIAGO MOTTA E LA SFIDA DI SFATARE IL TABÙ DELLA JUVENTUS: UN FUTURO TRA DELUSIONI E OPPORTUNITÀ

 


Di Filippo Vagli

Nella storia della Juventus esiste una regola non scritta: gli allenatori che non riescono a conquistare il titolo nella loro prima stagione tendono a non riuscirci mai più. Una tradizione che perdura da quasi sessant'anni con l'ultimo di questi che fu Heriberto Herrera, ingaggiato nel 1964 e campione d’Italia nel 1966. È piuttosto arduo, se non impossibile pensare che Thiago Motta possa sfatare questo mito nell’attuale stagione dovendo colmare il divario di 16 punti dalla capolista Napoli nelle 16 partite restanti. Nessuno a Torino ha chiesto a Motta lo scudetto al primo anno, poiché i vertici del club sono pienamente consapevoli della significativa trasformazione tecnica messa in atto in questa stagione. Tuttavia, il quarto posto, che garantirebbe l'accesso alla Champions League (salvo sorpresa dal ranking che potrebbe consentire cinque squadre), rappresenta da sempre il traguardo minimo per il club, che ha raramente fallito questo obiettivo. Quando ciò è accaduto, il primo a pagare è sempre stato l'allenatore, come nel caso di Gigi Maifredi (anch‘esso proveniente dal Bologna, come Motta), quando al termine della stagione 1990/91 venne esonerato dopo un settimo posto. Anche se, tecnici quali Maurizio Sarri e Andrea Pirlo, vennero salutati dopo una sola stagione nonostante avessero conquistato trofei. Al momento, Thiago sembrerebbe poter dormire sonni tranquilli da questo punto di vista, considerando che la dirigenza, a partire da John Elkann, ha pienamente sostenuto la sua nomina e pare intendere proseguire con lui anche in caso di mancata qualificazione alla Champions. Tuttavia, dopo 22 giornate, l'atmosfera sotto la Mole è segnata da una certa delusione. I numeri non sono incoraggianti dal momento che l’attuale situazione colloca Madama come la peggiore degli ultimi 14 anni. Per trovare una Juventus con meno punti dell'attuale (37), bisogna risalire alla stagione 2010-11, quando Delneri ottenne 35 punti. Un mese di gennaio avaro di soddisfazioni, quello vissuto finora dalla Juventus, con i bianconeri eliminati in semifinale di Supercoppa e, a parte la vittoria per 2-0 all’Allianz Stadium contro il Milan, ha collezionato tre pareggi. Uno di questi, contro il Bruges, ha sì garantito l'accesso ai playoff di Champions, ma ora la Juventus rischia di dover affrontare un club di alto livello agli ottavi. La situazione dipenderà dal risultato con il Benfica e dagli altri risultati, ma la mancata vittoria in terra belga potrebbe pesare eccome riguardo al cammino europeo di madama. Tornando alla sconfitta al Diego Armando Maradona, quello che ha lasciato più sconcertati è il modo in cui è avvenuta. Un buon primo tempo seguito da un secondo in cui la squadra ha mostrato un totale incapacità di reagire palesando una grave assenza di carattere, una qualità fondamentale per una squadra che, pur essendo giovane, è stata rinforzata con giocatori esperti che avrebbero dovuto guidare il gruppo, ma finora non hanno mostrato il loro valore. È necessario un cambio di rotta immediato per evitare di scivolare verso una stagione deludente e per non vanificare i progressi compiuti fino a ora. Un’annata quella attuale che sulla carta era attesa come un’opportunità di crescita, andando a gettare le basi per un futuro migliore, ma attualmente è difficile intravedere un barlume di speranza. Per Thiago Motta e il suo staff sarà fondamentale analizzare con dovizia di particolari ciò che non sta funzionando e affrontare i problemi che rischiano di diventare strutturali. Il primo di questi è l’incapacità di mantenere la concentrazione per tutta la partita: 17 punti persi da posizioni di vantaggio rappresentano un dato allarmante, segno di una fragilità mentale del gruppo. Cagliari, Venezia, Milan in Supercoppa e ora Napoli sono prove tangibili di questa tendenza, con la Juventus che si è fatta rimontare troppe volte dopo aver avuto il vantaggio al 45’. Motta ha attribuito parte di questa difficoltà a questioni fisiche, ma errori individuali come quelli di Locatelli e Cambiaso non possono essere giustificati solo in questo modo. I numeri testimoniano in maniera inequivocabile come la squadra fatichi a vincere, con una percentuale di vittorie del 38,71%, quando il tanto vituperato Delneri era al 40%. Nel calcio dei tre punti, un pareggio è quasi equivalente a una sconfitta, a maggior ragione per una squadra che si chiama Juventus. E la squadra di Motta detiene il record di pareggi sia in Italia che in Europa. La determinazione, la tenacia, la mentalità vincente, che sono sempre state una caratteristica distintiva della Juventus, sembrano mancare a questa squadra. La sensazione è che il gruppo si sia adattato a una mediocrità che non appartiene al suo DNA, accontentandosi di prestazioni mediocri, lontane anni luce dall’ardore che le Juventus del passato avevano dimostrato.

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