JUVENTUS: CAPOLAVORO FINANZIARIO IN UN MARE DI DELUSIONI SPORTIVE

 


Di Filippo Vagli

Sarebbe quasi un motivo di celebrazione se la Juventus fosse una società finanziaria, visto che la dirigenza bianconera ha compiuto un vero e proprio capolavoro dal punto di vista amministrativo, considerando i dati che stanno emergendo dal bilancio semestrale. Peccato che la Juventus, essendo una squadra di calcio, abbia finora deluso le aspettative dal punto di vista dei risultati sportivi, non riuscendo a raggiungere alcuno degli obiettivi prefissati. Dalla Supercoppa Italiana alla mancata qualificazione agli ottavi di Champions, fino all'eliminazione dalla Coppa Italia ad opera delle riserve dell'Empoli, attualmente terzultimo in classifica e reduce da nove sconfitte nelle ultime dieci partite disputate. Quella di Madama è una stagione che racchiude uno dei punti più complessi degli ultimi decenni, dove si sovrappongono sfide e possibilità, delusioni e speranze. Anche il tanto decantato quarto posto in classifica, a livello sportivo, rappresenterebbe un traguardo di scarso valore. L'intera comunità bianconera, dai dirigenti ai tifosi più semplici, ha appoggiato il tanto decantato "progetto". Nessuno si aspettava che Thiago Motta e la sua squadra vincessero lo scudetto, ma era fondamentale vedere un impegno nella crescita e la volontà di combattere per raggiungere un obiettivo fino alla conclusione della stagione. Invece, a fine febbraio pare essere tutto già finito. Quello che è appena cominciato è invece la ricerca dei colpevoli, intensificata dall'influenza crescente dei social media. Le responsabilità sono molteplici e non possono gravare su un singolo individuo, poiché una rivoluzione come quella di Motta richiede il coinvolgimento di tutto l’ecosistema Juventus. Siamo sicuri che tutte le componenti della società abbiano offerto il loro sostegno? Nel contesto dell'attuale management bianconero, esistono le competenze necessarie per supportare l'allenatore nel caso in cui ne avesse bisogno? Cristiano Giuntoli, l'unico dirigente sportivo all'interno della società, ha concesso troppa autonomia all'inesperto Motta, permettendogli di agire senza il necessario monitoraggio? Da questa prospettiva, sorgono legittimi interrogativi, soprattutto se si considera che un dirigente esperto come l'ex direttore sportivo del Napoli non abbia spinto Motta a mettere ordine, stabilire gerarchie e sviluppare un undici titolare, affidabile, su cui fare affidamento nei momenti decisivi, come nelle sfide contro il PSV o l'Empoli. Le responsabilità di Thiago Motta sono altresì notevoli. A febbraio, la sua Juventus dà l’idea di essere un cantiere aperto più che una squadra di calcio. Esperimenti, ruoli non definiti, fascia di capitano girevole, mancanza di scelte definitive, confusione di formazioni, ruoli, gerarchie e schemi. Un caos nel quale nessuno pare aver compreso la situazione, a partite degli stessi giocatori. Un incessante processo di “dai la cera, togli la cera” che ha impedito alla Juventus di trovare una propria identità, rendendola priva di punti di riferimento e incapace di sviluppare un progetto solido. Ogni partita sembra un nuovo inizio, con il rischio di andare in crisi alle prime difficoltà, come dimostrato dalla sconfitta contro l’Empoli. Tuttavia, non dobbiamo ritenere i giocatori esenti da responsabilità. I meno responsabili sono i giovani, i quali devono svilupparsi come uomini attraverso sacrifici e coraggio, e crescere in termini di "juventinità". I veri “colpevoli” sono senza dubbio i cosiddetti big. A partire dai tre acquisti più costosi della campagna estiva: Koopmeiners, Douglas Luiz e Nico Gonzalez, fino a culminare (ma non in termini di importanza) con il "sentore" di Dusan Vlahovic. Il giocatore più pagato non solo della Juventus, ma dell'intera Serie A, non può permettersi di sbagliare un rigore come quello di mercoledì sera.


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