CRISI JUVENTUS: L'INCUBO DI THIAGO MOTTA E LA FRATTURA DELLO SPOGLIATOIO

 


Di Filippo Vagli

La Juventus si trova a fare i conti con una crisi profonda che ha messo in discussione non solo il ruolo di Thiago Motta come allenatore, ma anche l'intera coesione dello spogliatoio. Dalle delusioni Champions League e Coppa Italia, passando per le umiliazioni in campionato, il percorso di Thiago Motta sulla panchina della Juventus sembra essersi trasformato in un incubo, segnato da attriti e incomprensioni con i giocatori. Cosa è andato storto per Thiago Motta alla guida della Juventus? Quali sono state le dinamiche interne che hanno portato a un ammutinamento della squadra, evidenziato da risultati disastrosi e un clima teso all'interno dello spogliatoio? L'analisi approfondita di tutto ciò non può che partire in ordine cronologico dalla gestione dei brasiliani Danilo e Douglas Luiz. Danilo rientra dalla Coppa America a preparazione iniziata e si capisce fin da subito che non sarebbe stato centrale nelle gerarchie di Thiago Motta. Da capitano e titolare fisso si ritrova a essere il panchinaro dell’esordiente Savona proveniente dalla Next Gen. Il suo declassamento comporta anche la perdita della fascia di capitano, ma, nonostante ciò, Danilo continua a dimostrare la sua leadership e si fa carico delle difficoltà che emergono all'interno dello spogliatoio. Durante un colloquio con il direttore sportivo Cristiano Giuntoli, cerca di trovare un equilibrio riguardo al rapporto tra giocatori e allenatore su alcuni aspetti della sua gestione. Tuttavia, proprio per questo motivo, il giocatore viene messo fuori rosa e messo sul mercato, decisione presa dal tecnico e approvata dalla società. La “sintonia zero” si è riscontrata anche nel rapporto tra l’allenatore e Douglas Luiz, con il nazionale brasiliano messo fin da subito ai margini del progetto. Il miglior centrocampista dell’ultima Premier League con la maglia dell’Aston Villa, acquistato per 50 milioni, si ritrova in panchina, collezionando solo due presenze da titolare nelle prime otto giornate di campionato. Douglas perde fiducia, parla apprettante di fraintendimenti con l’allenatore per poi fermarsi in continuazione a causa di continui problemi fisici. Dai “malintesi brasiliani” al grande gelo serbo. Nel mese di novembre dal ritiro della propria nazionale Vlahovic si sfoga spiegando come in nazionale sia soggetto a meno obblighi in fase difensiva. Al suo ritorno a Torino, Motta lo redarguisce (davanti al gruppo) ma, non avendo alternative nel ruolo, continua a schierarlo. Fino all’arrivo di Kolo Muani, quando Dusan sparisce totalmente dai radar bianconeri. Dopo la partita contro l'Atalanta, Vlahovic fa esplodere la sua rabbia negli spogliatoi; gesto che gli costa non solo la panchina a Firenze, ma anche l’impossibilità di scaldarsi quando la squadra era sotto di 3-0. E che dire della “guerra” alla vecchia guardia? Nonostante le numerose proposte ricevute per un ruolo da titolare, Perin sceglie di rimanere alla Juve nell'ultima estate, motivato dalla fiducia di Thiago Motta e dalla promessa di un'alternanza tra il primo e il secondo portiere. Tuttavia, nonostante le ottime prestazioni di Mattia, la situazione cambia all'improvviso quando il tecnico italo brasiliano decide di puntare su Di Gregorio, relegando Mattia da semi-titolare a semplice riserva. E cosa dire di Federico Gatti, che inizia la stagione indossando la fascia di capitano. Una decisione presa da Motta, che ha voluto sottolineare ciò che Gatti rappresenta: un autentico esempio di professionalità e spirito juventino. Tuttavia, nel giro di pochi mesi, Gatti viene relegato in panchina (riacquisterà il posto da titolare solo a causa dell'infortunio di Bremer) e la fascia di capitano inizia a passare di braccio in braccio. L’ormai famosa "fascia rotante" che coinvolge sei giocatori diversi, tra cui il misterioso Koopmeiners e Weston McKennie, con quest’ultimo che solo qualche mese prima era considerato un esubero. Curiosa anche la storia di Cambiaso, uno dei pupilli di Motta nel corso dei primi mesi alla Juventus. Andrea è costretto a fermarsi a causa di un infortunio alla caviglia, occorsogli poco prima della partita di Champions contro il Manchester City. Il problema appare di poco conto, ma nella realtà si rivela più ostico del previsto. Motta (ancora una volta davanti al gruppo) accusa il giocatore di scarsa volontà di recuperare. Cambiaso stinge i denti, si allena sul dolore ma ciononostante una volta reintegrato tra i convocati perde la titolarità. Situazione che culmina nella clamorosa esclusione dall’undici di partenza di domenica scorsa a Firenze. Infine, ma non per questo meno importante, c'è la situazione di Fagioli. Inizialmente poco considerato, il 2 ottobre a Lipsia gioca un a partita monumentale ma ciononostante Nicolò si ritrova ai margini del progetto collezionando un numero infinto di panchine. Il suo rapporto con Motta diventa sempre più freddo; i minuti in campo si riducono all’osso e la panchina diventata il suo habitat naturale fino al trasferimento alla Fiorentina nella finestra di mercato di gennaio. Le “stravaganze” di Motta non risparmiano nemmeno quella che doveva essere la nuova icona bianconera: Kenan Yildiz. Il giovane numero 10 turno alla vigilia dell’importante incontro contro l’Atalanta viene colpito da un virus intestinale. È presente tra i convocati, ma poiché è molto debilitato, nessuno si aspetta che possa scendere in campo. Motta decide invece di schierarlo titolare, per poi sostituirlo dopo un primo tempo di grande sofferenza. Tuttavia, ciò che risulta ancora più grottesco è che, nella settimana successiva, il giocatore, ormai completamente ristabilito, rimane in panchina per 90 minuti, nonostante il punteggio sia di 3-0. E come si possono dimenticare i continui cambi di formazione, ben 39 su 42 partite, e le diverse posizioni in campo. Koopmeiners inizia come trequartista, per poi essere schierato tra i due mediani davanti alla difesa, fino a ricoprire il ruolo di esterno destro d’attacco. Tuttavia, il caso più sorprendente è quello di McKennie, impiegato in tutti i ruoli tranne che in quelli di portiere e difensore centrale nel 4-2-3-1 tanto caro a Thiago Motta. Un’infinità di varianti che ha creato solo caos all’interno della squadra. La gestione di Thiago Motta alla Juventus si è rivelata un susseguirsi di scelte discutibili e incomprensioni che hanno minato non solo le prestazioni sul campo, ma anche la stabilità e l'armonia dello spogliatoio. I suoi tentativi di rinnovamento, invece di galvanizzare la squadra, hanno portato a fratture profonde, un clima di sfiducia e un'amara consapevolezza: quando la coesione e la comunicazione vengono meno, anche i talenti più promettenti possono trasformarsi in ombre di sé stessi. La Juventus merita un futuro di unità e strategia, e ora più che mai è necessario un cambio di rotta che riporti la squadra a misurarsi ai livelli che le competono.


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