NAPOLI E JUVE: STESSI NUMERI MA STORIE DIVERSE. LA DIFFERENZA? NEL CARATTERE E NELLA LEADERSHIP
Di Filippo Vagli
Il calcio è curioso. Napoli e Juventus hanno le difese più solide della serie A, avendo subito soltanto 21 gol, mentre hanno segnato rispettivamente 42 e 43 reti. Stessi numeri, ma il Napoli si trova in vantaggio di 7 punti. Stessi numeri ma con una narrazione completamente diversa della stagione. Da un lato, gli azzurri fin dalla prima giornata si sono rivelati come protagonisti in un campionato avvincente, con il titolo a portata di mano. D'altra parte, la Juventus sta affrontando un periodo particolarmente complicato. Gli azzurri puntano a conquistare il titolo, mentre i bianconeri ambiscono a ottenere un modesto posto per accedere alla Champions. La verità è che la causa di questi sette punti di differenza, nonostante il numero identico di gol segnati e subiti, risiede in un unico fattore: i partenopei hanno dimostrato di saper vincere nei momenti in cui la partita richiedeva un impegno supplementare in termini di carattere, di personalità, di capacità di sacrificio. In assenza di questa determinazione, numerosi successi si sarebbero tradotti in semplici pareggi. Esattamente ciò che è accaduto alla Vecchia Spignora. Pertanto, si tratta di un aspetto legato al carattere e alla fiducia nelle proprie capacità, due fattori che devono essere trasmessi dall’allenatore. A Napoli i giocatori si butterebbero nel fuoco per Conte. L'ex giocatore bianconero Emanuele Giaccherini ha recentemente dichiarato come è un allenatore che riesce a entrare nella testa dei giocatori, a convincerli, a tirarne fuori il massimo e a farli sentire importanti. A Torino la situazione è completamente diversa. Le immagini estive, in cui Motta accoglieva i nuovi acquisti con il piglio del grande condottiero, sembrano ora un ricordo lontano. Thiago, a differenza di Conte, non è riuscito a guadagnarsi l'affetto dei calciatori, evidenziando così una difficoltà nella comunicazione e nella comprensione delle sue richieste. I continui cambi di ruolo, di formazione e di capitano rappresentano solo la punta dell'iceberg. Ciò mentre ciò che (giustamente) è rimasto nascosto nelle profondità dello spogliatoio è qualcosa di ben più profondo e significativo. Gli spifferi che escono dai muri della Continassa parlano di un legame tra una parte rilevante dello spogliatoio e il tecnico italo-brasiliano ridotto ai minimi termini. L'assenza di empatia e una certa inflessibilità nelle decisioni e nelle relazioni sarebbero le cause principali della distanza venutasi a creare tra il gruppo e l'allenatore. Non saranno soltanto i risultati, finora al di sotto delle attese, a determinare le scelte finali. Le sfide nel costruire un buon rapporto con i propri calciatori (che non devono essere considerati immuni da responsabilità) influenzeranno senza dubbio le decisioni della dirigenza nei prossimi mesi, quando sarà il momento di fare un bilancio e guardare al futuro. L'idea è che il tecnico italo-brasiliano possegga le caratteristiche del predestinato e abbia il potenziale per diventare un grande allenatore, ma si trovi nel contesto giusto al momento sbagliato.



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