RISCOPRIRE LA TRADIZIONE PER RILANCIARE LA JUVENTUS: PRIMA L’IDENTITÀ, POI TUTTO IL RESTO
Di Filippo Vagli
Come ogni anno,
in questo periodo il calciomercato inizia a farsi sentire, alimentando le
fantasie di tutti i tifosi. Ma in casa Juventus, pima ancora di parlare di
allenatori, giocatori o dirigenti, è necessario recuperare un elemento
fondamentale: la propria identità. L’identità, spesso percepita come un
sentimento astratto, è in realtà la più concreta di tutte. La tradizione, il
senso di appartenenza, lo spirito e la storia di un club costituiscono le
fondamenta di ogni percorso vincente. Rappresentano concetti (spesso trascurati
negli ultimi tempi) che hanno reso la Juventus una società unica, vincente, e
in molti aspetti inarrivabile. Quando l'identità e il legame con la tradizione
sono svenuti meno, la Juventus ha cominciato a perdere la propria unicità,
assumendo caratteristiche simili a molte altre squadre. Quelle che cambiano due,
tre allenatori ogni stagione, che anziché pianificare vivono alla giornata, e
finiscono per non incutere più alcun timore. L’ultima grande Juventus in ordine
cronologico è stata quella capace di realizzare un’impresa irripetibile:
vincere nove scudetti consecutivi, imponendosi come modello da seguire, temuto
e per questo spesso attaccato. Paradossalmente, proprio nel momento in cui qualcuno
nei piani alti della società si è sentito imbattibile, il club è diventato
vulnerabile. Decisioni affrettate, come la convinzione di Andrea Agnelli di
poter accorpare ruoli e fare a meno di figure chiave, hanno minato le basi
dell’impero, nella convinzione che nessuno potesse più abbatterlo. Allo stesso
tempo, una sorta di insoddisfazione, tipica di chi ha già vinto molto, ha
portato i tifosi a parlare di “scudettini” e ad accogliere visioni e idee che
hanno alimentato il desiderio di cambiare solo per il gusto di cambiare, come
se il modo di vincere fosse più importante del risultato stesso. Proprio in quel
momento la Juventus ha perso la bussola. Mentre si guardava allo specchio,
compiacendosi dei propri successi, ha smarrito la propria essenza, la fame, la
tradizione e ciò che la rendeva superiore a chiunque altro, quantomeno in
Italia. Ha scelto di rincorrere la modernità, il “giochismo”, snaturandosi e
commettendo errori che oggi la relegano tra le squadre comuni. Quelle che gioiscono
se acciuffano un agognato quarto posto all’ultima giornata di campionato. Ecco
perché credo sia fondamentale, prima di concentrarsi sulla ricerca del miglior
direttore sportivo, dell’allenatore di alto livello o dei migliori giocatori,
ripartire dal recupero della tradizione bianconera e dalla riscoperta della
propria identità. Senza questi elementi, ogni scelta, anche la più azzeccata,
non sarà mai davvero speciale. Il vero valore lo danno la tradizione,
l’identità, la fame di vittorie. Solo riscoprendo la voglia di primeggiare e di
essere Juventus, Madama potrà tornare grande. Questo è il punto di partenza;
tutto il resto viene dopo. Ora è il momento di fermarsi, magari dopo aver
conquistato la qualificazione in Champions League, e riflettere su cosa
rappresentava la Juventus prima di perdersi. Bisogna ritrovare sé stessi nell’identità,
negli obiettivi, nella lucidità delle scelte e nel coraggio di cambiare senza
snaturarsi, puntando su persone giuste e su traguardi ambiziosi, lasciandosi
alle spalle la mediocrità delle soluzioni temporanee e dei “progetti fantasiosi”.
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