TRA INFORTUNI, VAR E NERVOSISMO: LA JUVE CERCA IL RISCATTO PER NON PERDERE IL TRENO EUROPEO
Di Filippo Vagli
Negli ultimi
quattro incontri in trasferta, la Juventus ha raccolto soltanto tre punti,
frutto di tre pareggi e una sconfitta sotto la guida di Tudor. Con due giornate
ancora da giocare, la squadra bianconera nutre la speranza di tornare ai
livelli del primo anno della seconda gestione Allegri, un dato che riflette
chiaramente la situazione attuale del club e l’andamento della stagione. Se la
Juventus riuscirà a vincere le ultime due partite di campionato, potrà
eguagliare il totale punti della stagione 2021/2022, da cui deriva questa
speranza. Al momento, i bianconeri hanno 64 punti dopo 36 giornate, con una
media di 1,7 punti a partita. Per centrare la qualificazione alla Champions
League, è indispensabile battere Udinese e Venezia, confidando anche in un
passo falso della Roma nelle prossime sfide contro Atalanta, Milan e Torino.
Indipendentemente dal risultato finale, questo campionato si configura già come
il più deludente degli ultimi 14 anni per la Juventus, in termini di punti
conquistati. Nonostante le difficoltà e le critiche, negli ultimi tre anni con
Allegri in panchina la squadra aveva concluso due stagioni con un punteggio
superiore a quello che probabilmente raggiungerà quest’anno. Al massimo, la
coppia Thiago Motta/Tudor potrà pareggiare il punteggio del primo anno del
ritorno di Allegri. Per trovare un campionato peggiore di questo, bisogna
risalire al periodo Zaccheroni-Del Neri, quando la Juventus chiuse con 55 e 58
punti nelle stagioni 2009/2010 e 2010/2011. Ecco i punti finali della Juventus
nelle ultime stagioni: 2023/2024: 71 punti, 2022/2023: 72 punti, 2021/2022: 70
punti. Nonostante i cambi di allenatori, giocatori e dirigenti, la Juventus si
conferma da almeno quattro anni una squadra che si attesta intorno ai 70 punti
in classifica, con qualche variazione minima. Questo andamento suggerisce che
le riflessioni sul club debbano andare oltre una semplice analisi superficiale.
Il miglioramento atteso dopo il cambio in panchina non si è materializzato,
lasciando il destino della Juventus nelle mani della Roma, impegnata questa
sera a Bergamo, a due giornate dal termine. La Juventus appare stanca e, tra
infortuni, squalifiche e imperfezioni, riesce a reggere poco più di un tempo di
gioco. Il resto è affidato all’orgoglio residuo e a qualche decisione arbitrale
che mette alla prova la stabilità nervosa di una squadra incapace di evitare le
provocazioni. Tuttavia, quando il Var interviene, il risultato è quasi sempre
prevedibile, soprattutto se le immagini non sono nitide o sono riprese da
angolazioni poco chiare. Il calcio, inteso come sport di contatto, duelli e
agonismo fisico, sembra ormai finito. Non si giustifica nessun comportamento,
ma in Italia si sta rischiando di distruggere quella poca passione che ancora
anima i tifosi. I falli non dovrebbero essere banalizzati, ma interpretati
correttamente, come avviene in altri campionati, ad esempio in Inghilterra. Gli
episodi di Yildiz contro il Monza (colpo al volto) e Kalulu con la Lazio (colpo
alle spalle) sono entrambi considerati condotta violenta, ma bisognerebbe
valutare l’intenzionalità e il danno causato, soprattutto se impediscono al
giocatore di proseguire la partita. A Roma, la Juventus ha subito le
conseguenze del fallo di Kalulu allo stesso modo di quello di Yildiz, una
valutazione assurda. Il vero problema è che ormai i giocatori si gettano a
terra sperando nell’intervento del Var, che spesso li favorisce; in
Inghilterra, episodi simili verrebbero ignorati (come osservato da Capello).
Questo vale anche per i contrasti aerei, dove l’uso delle braccia per mantenere
l’equilibrio è considerato naturale e non un tentativo di nuocere
all’avversario. I falli gravi e violenti si riconoscono chiaramente
dall’intenzione e dal modo in cui sono commessi, ma purtroppo spesso si giudica
anche in base alla squadra di appartenenza di chi resta in piedi o cade a
terra.
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