JUVENTUS TRA DELUSIONI E SCELTE SBAGLIATE: DA DYBALA A VLAHOVIC, IL BIVIO CHE HA SEGNATO UN CICLO

 


Di Filippo Vagli

Da oltre un lustro la Juventus sta vivendo una fase di transizione difficile, fatta di scelte economiche obbligate e decisioni tecniche spesso discutibili. Tra queste, spicca la scelta di lasciar andare Paulo Dybala per puntare tutto su Dusan Vlahovic, una scommessa che, col senno di poi, non ha portato i frutti sperati.

Dybala e Vlahovic: due storie, un unico bivio

A gennaio 2022 la Juventus aveva acceso grandi speranze con l'acquisto di Dusan Vlahovic dalla Fiorentina per 90 milioni, un investimento che sembrava risolvere il problema del gol e rilanciare il club. L'impatto iniziale del serbo fu entusiasmante, con quattro reti nelle prime cinque partite, facendo sognare i tifosi bianconeri. Allo stesso tempo, Paulo Dybala, simbolo e vicecapitano della Juve, stava vivendo la sua ultima stagione con la maglia bianconera, dopo un addio doloroso sancito nel marzo 2022 per divergenze contrattuali e un cambio di progetto tecnico che puntava su Vlahovic come nuovo fulcro offensivo. Tuttavia, nel giro di tre anni la situazione si è capovolta drasticamente: Vlahovic, da stella emergente e indispensabile, è finito ai margini della squadra, con prestazioni deludenti e scelte tecniche che lo hanno relegato spesso in panchina, fino a farlo diventare un caso interno, tanto che la Juventus ha annunciato la possibilità di escluderlo completamente in assenza di rinnovo contrattuale, con il suo contratto in scadenza nel 2026 e un ingaggio molto alto che il giocatore non vuole ridurre. Così, dopo l'addio di Dybala nel 2022, l'estate 2025 si profila come la fine anche dell'era Vlahovic alla Juventus, chiudendo un ciclo iniziato tra grandi aspettative e ora segnato da delusioni e tensioni, che hanno fatto crollare le speranze dei tifosi nel giro di pochi anni. L’addio di Dybala fu segnato da incomprensioni e cattivi consigli, con il suo entourage incapace di trovare un accordo con la società. Il risultato fu una separazione fredda, con la Joya seduto a centrocampo, simbolo di un’eredità mai raccolta davvero. Vlahovic, chiamato a essere il nuovo leader, non è riuscito a colmare il vuoto lasciato dall’argentino: il suo talento, pur evidente, si è spesso scontrato con limiti caratteriali e una discontinuità di rendimento che lo hanno reso più protagonista di prestazioni opache che di partite decisive.

Numeri e leadership: quello che è mancato

Segnare oltre 50 gol in quattro stagioni non è poco, ma quando le reti arrivano raramente nei momenti che contano, qualcosa non funziona. Vlahovic non è mai stato il trascinatore che la Juventus sperava, né in campo né fuori. La sua esperienza bianconera, più che da exploit, è stata caratterizzata da insicurezze e da una certa presunzione, elementi che hanno impedito la nascita di un vero “uomo da Juve”.

L’addio: questione di stile e rispetto

Quando un ciclo si chiude, anche il modo in cui si lascia un club conta. Un calciatore che rispetta la maglia e chi ha investito su di lui dovrebbe facilitare la propria uscita, magari accettando di ridurre l’ingaggio o di rivedere le proprie richieste, per non gravare ulteriormente sulle casse della società. Cercare una nuova destinazione con discrezione e dignità è il minimo che si possa chiedere a chi si considera un campione.

L’appello: la Juve torni a comandare

Il caso Vlahovic deve essere un monito per la Juventus: è il club che deve dettare le regole, non i singoli calciatori. La maglia bianconera ha un valore che va oltre i contratti e i numeri sul conto in banca. Servono uomini prima che calciatori, professionisti che comprendano il peso della storia e della responsabilità che comporta indossare questi colori. La speranza è che la Juventus impari da questa esperienza e torni a farsi rispettare, mettendo al centro il club, la sua identità e i suoi valori, senza più concedere spazio a situazioni che rischiano di minare la credibilità e la forza della società.


Commenti