Il doppio standard del calcio italiano: tra chat segrete e processi pubblici, Napoli scherza, Juventus paga

 


Di Filippo Vagli

Napoli e Juventus, due facce della stessa medaglia a tempi diversi: l'una ai raggi X sotto i riflettori mediatici e giudiziari, l'altra con chat bollenti che sembrano uscite da un film di spionaggio, ma ciò che conta è «niente mail, non lasciamo tracce». Parliamo dell’operazione Osimhen, raccontata con dovizia di particolari dalla Guardia di Finanza: un’offerta da 70 milioni, botta e risposta tra Giuntoli e Pompilio degna di un thriller, ma con spoiler tanto chiari quanto imbarazzanti. «Speriamo rifiutino… sennò dovremo darci alle rapine», scrive Chiavelli, e il tono è tutto fuorché rassicurante. Poco dopo Giuntoli, con la serafica saggezza del manager in crisi, confessa: «Sto fermo […] Devo parlare con Aurelio. Che terrorista». L’amichetto Pompilio rincara la dose: «Questo è terrorismo psicologico». Magari non lo sapevano che i loro messaggi sarebbero finiti in un’inchiesta, ma il consiglio più “legale” arriva proprio quando parte l’ordine da Pompilio: «Non devi scrivere nulla. Tracce nelle mail non se ne lasciano. A voce quello che ti pare». Sembra la manualistica del “come fare finta di niente” per rimanere sotto il radar. E mentre il Napoli truccava la plusvalenza con la Primavera, orchestrata in chat con dettagli degni di un romanzo noir – “Questo lo manda il procuratore”, “Dopo averlo chiamato…”, «Gli scrive e gli chiede eventuali club interessati» –, a Torino la Juventus veniva sbattuta in prima pagina, processata senza filtro e sanzionata con pesanti pene per ben meno. Questioni di criterio, di sistema o semplicemente favoritismi da salotto? Chissà. Quel che è certo è che mentre da un lato leggiamo di Giuntoli e Pompilio che fanno i conti last minute con specchietti “approssimativi” da inviare ai grandi capi, dall’altro lo show mediatico sulla Juventus ha rivelazioni spesso iperboliche e un martellamento incessante contro quella che è stata la società più screditata senza che nessuno mostrasse perplessità sulle peggiori modalità di altri club. Il direttore amministrativo del Lille non scherza: «Ogni particolare ritenuto "strano" potrebbe generare domande su tutta l’operazione». Ma denuncia e scandalo italiano sembrano dedicati solo a qualcuno, non a tutti. Morale: benvenuti nell’Italia del calcio dove tra un “terrorista psicologico” e un «non lasciamo tracce» scorre un fiume di pronunce e sentenze che puzzano più di doppio standard che di giustizia. Se volete “rapinare”, fate come il Napoli, almeno loro ci scherzano su, mentre a Torino si fa il funerale mediatico senza attendere istruttorie.

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