LA CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DI LUCIANO SPALLETTI ALLENATORE DELLA JUVENTUS

 


È ufficialmente cominciata l’era di Luciano Spalletti alla guida della Juventus. Il tecnico toscano ha preso il posto di Igor Tudor, recentemente sollevato dall’incarico, con l’intento di rilanciare una squadra finora protagonista di una partenza di stagione al di sotto delle aspettative. La presentazione di Spalletti è avvenuta in conferenza stampa all’Allianz Stadium, segnando un nuovo capitolo di speranza e ambizione per i bianconeri. Di seguito le sue dichiarazioni:

SENSAZIONI – «Sono sensazioni bellissime, sappiamo tutti qual è la storia e l’organizzazione di questo club. C’è un’aspettativa alta, sappiamo di tante cose, poi entrarci dentro e avere contatto diretto è sempre una bellissima emozione».

EMOZIONI PREVALENTI– «Prevale di più la voglia di riportare questo club ad alti livelli, ma ho assoluto rispetto di questa classifica e del lavoro di Tudor, che saluto caramente. Ho avuto il piacere di conoscerlo, è una persona splendida e un professionista di quelli veri. Trovo una squadra in buona condizione mentale e allenata bene, proprio per la professionalità di chi mi ha preceduto e dobbiamo lavorare in maniera forte per avere la possibilità di arrivare a quelle ambizioni. Sono contento di essere qui, ringrazio il direttore Comolli delle belle parole nei miei confronti. Mi impone di parlare in italiano con lui, so poco di inglese, ma mi ha facilitato la vita… Così riesco a capire ciò che dice».

QUANTO VALE LA SQUADRA – «L’idea sta racchiusa in quello che ho accettato di venire qua: se non avessi creduto che questa squadra ha delle potenzialità, nonostante abbia passato momenti difficili, perché avrei dovuto accettare un contratto di 8 mesi? Credo di poter fare un bel lavoro con loro, poi si passa da lì. Si passa dalla disponibilità, dalla volontà, dall’auto-disciplina di fare risultati importanti. Ci vedo possibilità di mettere a posto delle cose. Le intenzioni mie sono altre, per un club come la Juve bisogna rientrare in Champions. Dobbiamo fare un bel lavoro e rimettere le cose in pari perché le altre corrono forte».

STAFF – «Ho portato con me 4 collaboratori, tre collaboratori tecnici e un preparatore atletico. Ci si conosce tutti nel mondo del calcio, c’è da prendere un po’ di confidenza. Sono Domenichini, Martusciello, Russo e Sinatti. Spendo due parole in favore di Baldini, che ha deciso di terminare questa storia di collaboratore e sono rimasto sorpreso: lo ringrazio per quello che mi ha messo a disposizione, è uno di quelli bravi a fare il suo lavoro. Con quella mole lì, quel fisico lì, se non fosse stato sveglio bisognava metterci altre qualità. Lui ha avuto tutte quelle qualità ma accetto la sua volontà».

RIPORTARE GLI ATTACCANTI A SEGNARE – «Fa parte del mio lavoro, è una cosa stimolante vedere i numeri di un giocatore in precedenza e cosa hai portato tu come possibilità di successo dal lavoro. I gol sono fondamentali, per vincere le partite bisogna fare gol. Calcio offensivo è un’altra qualità importante, l’essenza è essere squadra, essere un gruppo che capisce quanto fare in campo in varie situazioni. Quello ci porterà beneficio: se siamo lunghi, sfilacciati, se uno ragione in un modo o in un altro diventa difficile… È tutto stimolante aver accettato questo incarico».

LE DICHIARAZIONI DI VLAHOVIC E LA BATTUTA A PERIN – «Mi sembra corretta l’analisi di Dusan, che i calciatori si rendono conto di ciò che stanno dando e restituendo. La passione che ricevono dalla società. La battuta a Perin? È soltanto una battuta… So bene che si dipende molto dai calciatori, uno può essere bravo quanto vuole ma poi è la qualità dei calciatori a fare la differenza. Dipenderà da voi era per coinvolgerli e metterli al corrente che nessuno ha la bacchetta, le cose fatte in campo dipenderanno il mio futuro. Fortunatamente per quello che è stata la mia carriera non ho bisogno di essere rassicurato per il mio futuro. Non devo starci per forza in una situazione o perché son legato da un contratto. Si fa questa esperienza insieme, la trovo una situazione semplice, onesta e molto chiara. Si lavora, cercando di collaborare tra gli staff del mondo Juventus, che sono persone di valore perché le conosco tutte. Poi si tirano le somme, ma nessuna difficoltà di accettare un contratto di questo genere».

JUVE IN CORSA SCUDETTO – «Sì, io spero di poter rientrare anche nel giro Scudetto, perché no? Lo si commentava anche con i giocatori nello spogliatoio, le intenzioni devono essere al massimo. Sono state giocate 9 partite, ne mancano 29 e sono tante. Ne ho viste di tutti i colori nei miei 30 anni e rotti di professione. Ho avuto la fortuna di fare questo percorso qui e non vedo perché, siccome sono quasi in fondo che sono anziano, mi debba accontentare di finire lasciando delle cose che vanno come devono andare. Poi si guarderà quello che si è riusciti a fare e siamo riusciti a fare. Assoluto rispetto per il valore di questi giocatori».

SITUAZIONE DI VLAHOVIC – «Ci si parla, io non ho ricevuto nessuna imposizione dalla società sul confronto di nessun giocatore della rosa. Vado lì, vedo quello che fa, la sua risposta, le sue intenzioni e a valutare dall’ultima partita con l’Udinese le sue intenzioni sono molto chiare. Quel comportamento lì è chiaro».

IL MODULO DELLA SUA JUVE – «Per me oggi è il primo allenamento di vigilia di una partita. Siccome, oltre che per i calciatori ho rispetto del lavoro fatto precedentemente, possibile che si dia continuità di quanto fatto… Però dare troppe notizie agli avversari no. Però ci sono i presupposti per continuare quanto fatto, anche nell’ultima partita. Ci sono anche calciatori che preferirebbero giocare in posizioni diverse: in tutti e due i casi bisogna che qualcuno crei un po’ di disponibilità. Ma può voler dire fare qualcuno di diverso, anche con una difesa a 4 invece che a 3».

CREMONESE – «Ho visto molte partite quest’anno di questo campionato, poche le ho viste definite, di una squadra che avrebbe avuto supremazia, anche del Napoli, dell’Inter che sono le più attrezzate. Noi non siamo nelle condizioni di poter essere presuntuosi di niente, si deve avere rispetto di tutto e tutti e si va senza nessuno slogan che non mi piacciono. Gli slogan rischiano di sostituire i fatti, bisogna lasciare che sia il rumore del pallone che scorre sull’erba il messaggio che vogliamo mandare. Quello è il modo corretto per parlare, si lascia tutto lì al campo».

L'IMPORTANZA DELL'AUTODISCIPLINA – «L’autodisciplina fa sempre la differenza. Vero che non sono abituato, facevo l’autostop da bambino… Sono entrato negli spogliatoi di tutte le categorie del calcio e l’ho fatto con rispetto di tutte le persone che entravano in campo. Conoscevo anche se il magazziniere aveva un cane o un gatto in caso… Attenzione, lavoro, disponibilità a diventare amici nello spogliatoio. Quindi attenzione all’amicizia e all’affetto che si trasmette tra di noi. Poi un giorno ci si sveglia e ci si trova ad un livello superiore. Quel gol, il mio compagno l’ha preso però io potevo far meglio nell’azione prima…Un giorno ci si sveglia e si fa qualcosa di diverso. A questa cura ci si fa caso».

NAPOLI – «Ho lasciato in tutte le città qualcosa. Mi ricordo bellissime cose. A Napoli è venuta fuori una cosa superiore per la bellezza del calcio e lo Scudetto bellissimo portato a casa. Ho instaurato un rapporto particolare con quella gente e quel campionato, rimarrà tutto intatto da parte mia. Stamattina dovevo tirarmi il sangue e l’ho fatto dall’altro braccio (non quello del tatuaggio ndr) perché voglio lasciare tutto intatto… Ho amici a Napoli, in tanti mi han scritto, avrò un bel rapporto. Il fatto di estrapolare quanto io ho detto sul Napoli e sulla fine del rapporto, che non mi sarei messo nessun’altra tuta: in quella stagione non mi sarei messo la tuta di un’altra squadra. Poi è chiaro che non è che debba smettere di fare l’allenatore. Ma dopo quella stagione dovrò fare altre esperienze, altre conoscenze, di chi va a prendere quello per attaccare e scrivere ciò che vuole… Si decontestualizza la cosa reale».

ALLENATORI RISULTATISTI E GIOCHISTI – «Quando si è in campo, ciò che diventa fondamentale è vincere la partita. A volte si vince per la fortuna di un rimpallo, diventa fondamentale vincerla, poi si cerca di fare un buon prodotto. Siete sempre alla ricerca di parole nuove voi… Le parole nuove non affaticano la mente. Allo stadio ho sempre percepito questa atmosfera, questa innovazione, questa tecnologia. Anche voi nelle parole dovete impegnarvi per fare nuove scoperte. Poi si parla di altro».

IL VALORE DI KOOPMEINERS – «Lo conosco bene, lo abbiamo seguito anche nelle squadre precedenti. Poi costava tanto e non abbiamo potuto prenderlo. Mi piaceva, avevo tentato di convincerlo nonostante le possibilità economiche… Rimane quell’idea lì per me. Per me è un mediano/mezzala, lo dice anche la sua storia, spesso ha giocato anche centrale di difesa, qui si ritorna a fare i complimenti ad un allenatore che ha allenato bene che è Gasp e lo ha messo in una posizione diversa tirando fuori il massimo. Può essere anche messo lì per far iniziare bene l’azione, poi ha questo piede che quando tira in porta sa dove va a finire il pallone. Ingabbiato e con le spalle girate nei pressi di una linea difensiva avversaria non ha la qualità  di Yildiz, di Openda o di calciatori che sono nati per quel ruolo lì o per quella posizione di campo dentro al traffico. Ha altre qualità ma Gasp gli ha tirato fuori il massimo da questa posizione. Mediano/centrocampista è la sua posizione».

QUANTO INCIDE L’ALLENATORE – «Non do nessuna percentuale, non so cosa riuscirò a incidere ma so il mio comportamento quando mi alzo e quando vado a letto. Attraverso questo comportamento i calciatori potranno entrare in una mentalità che può dar loro qualcosa. Sono più di 30 anni che faccio questo lavoro e sono stato non fortunato. Mi fido di quello che è stato il mio comportamento e la differenza la faranno sempre i calciatori, non c’è ombra di dubbio. Avere una complicità di fare le cose, un sistema, un metodo, fidarsi delle nostre capacità può essere qualcosa che ci porterà dei risultati. Non so se piccoli o grandi, è tutto un percorso che abbiamo davanti che può farci cambiare le cose. In campo vanno capite determinate situazioni, il calcio è un’evoluzione continua e se uno vuole leggerla la legge. Van capiti i momenti di gioco e le situazioni di gioco, bisogna che tutti siano in sintonia. Lì si fa la differenza, per una squadra che ha capacità superiori dalla somma di calciatori. Ho sentito dire in tv ‘Lui non è da Juve’, presi singolarmente: ma se questi riescono a dare il meglio di se stessi insieme può essere quella crescita che basta per essere da Juve. Si lavora su questo».

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