LA JUVENTUS E LA GUERRA PER IL POTERE: CRONACA DI UN DECLINO ANNUNCIATO
Di Filippo Vagli
Negli ultimi
anni la Juventus è diventata il teatro di una battaglia interna per il
controllo del potere che ha finito inevitabilmente per influenzare
negativamente i risultati sportivi e la stabilità societaria. Una crisi
profonda, raccontata passo dopo passo da nomine controverse, scontri interni e
gestione confusa, che spiega bene lo stato attuale di tensione e incertezza. Tutto
inizia nel settembre 2021, quando Maurizio Arrivabene viene nominato CEO in un
contesto già complicato: l’allenatore Allegri e il suo staff, scelti da
Agnelli, pesano sul bilancio per 20 milioni lordi in quattro stagioni.
Arrivabene tenta di portare Sartori come direttore sportivo, reduce da una
rottura con l’Atalanta, ma si scontra con il muro di Agnelli e Allegri, che voglio
mantenere piena autonomia sul mercato, senza ingerenze esterne. Il novembre
2022 segna un altro momento chiave: il consiglio d’amministrazione si dimette
in blocco. John Elkann cede tutto il potere sportivo nelle mani di Allegri,
formalmente sotto la supervisione di Francesco Calvo, un marketing manager la
cui posizione nel settore tecnico lascia parecchi dubbi e fa crescere le
tensioni. La primavera del 2023 è dominata dallo scontro aperto tra Allegri e
Calvo, che si sfogliano la "margherita" nella scelta del nuovo
responsabile dell’area tecnica. L’allenatore propone Massara e Giovanni Rossi, uomini
di fiducia personale, ma Calvo riesce a convincere Elkann a fare “all in” su
Giuntoli, pur con la netta opposizione di Allegri. Nel giugno dello stesso anno
Cristiano Giuntoli si insedia alla Continassa come plenipotenziario, ma con
Manna, uomo vicino ad Allegri, già nominato direttore sportivo. La convivenza
forzata tra Allegri e Giuntoli si preannuncia difficile e condanna la stagione
2023-24 a una caotica convivenza con poteri divisi e tensioni latenti. Nel
maggio 2024 Manna abbandona il ruolo dopo appena un anno e si accasa al Napoli,
mentre Giuntoli assume la responsabilità dell’area sportiva, senza avere
l’esperienza da direttore generale necessaria per ricoprire un ruolo di tale
portata. La confusione regna sovrana anche nei mesi seguenti, con la
programmazione della stagione 2025-26 che subisce uno shock il 29 maggio 2025,
quando Giuntoli viene improvvisamente rimosso dal proprio incarico. Il vero “coup
de theatre” è l’arrivo nei primi giorni di giugno di Damien Comolli, dirigente
sportivo francese nato a Béziers il 24 novembre 1971, chiamato a gestire il
club a pochi giorni dal “no” di Antonio Conte a tornare sulla panchina della
vecchia Signora. Elkann e Chiellini confermano Tudor, ma il rinnovo biennale
del tecnico croato sorprende i più, con Comolli che appare schiacciato da
decisioni prese da altri. E arriviamo ad oggi, con la Juventus sprofondata in
una crisi che è anche una guerra di nervi tra Comolli e Tudor, con il club
ancora senza direttore sportivo e già sotto pressione riguardo alla guida
tecnica. Intanto, i risultati negativi e la spaccatura interna che da anni
consumano la società si riflettono negativamente sul campo. Una guerra infinita
per potere e poltrone che ha paralizzato le scelte tecniche e dirigenziali. Una
situazione in cui i protagonisti si ostacolano a vicenda, mentre la squadra
paga il conto più salato. Una crisi non solo sportiva, ma di governance
profonda, che ha trascinato uno dei club più prestigiosi d’Italia in un vortice
di conflitti interni e risultati deludenti. Fino a quando questa battaglia per
il potere impedirà alla Juventus di tornare a vincere?
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