L’EDITORIALE – JUVENTUS: LA CONFUSIONE REGNA SOVRANA. FINO ALLA FINE!
Di Stefano Dentice
Che Igor Tudor non fosse
la prima scelta del direttore generale Damien Comolli per la guida della
Juventus targata 2025-2026, lo sapevano anche i sassi di fiume. Che il
suo esonero sia scaturito da un filotto di otto match in cui la Juve,
fra Champions e Serie A, ha racimolato la miseria di soli cinque
punti, è una verità incontrovertibile. Ma che lui abbia pagato come unico capro
espiatorio di una situazione societaria kafkiana è profondamente ingiusto.
Certo, le prestazioni e i
risultati di questo avvio di stagione lasciano molto a desiderare, ma ascrivere
al solo Tudor la responsabilità di questo momento
calcisticamente tragico, che purtroppo i bianconeri stanno attraversando, è da
presbiopia intellettuale.
Riavvolgendo il nastro e tornando alla campagna acquisti estiva, i volti
nuovi stanno deludendo tremendamente: Zhegrova è al momento un
oggetto misterioso anche a causa dei suoi problemi fisici, Openda sembra un pesce fuor d’acqua, João
Mário è attualmente un giocatore
senza infamia e senza lode, mentre Jonathan
David, il peggiore di tutti, sembra
appena atterrato da Marte.
Proprio per questo, sul banco degli imputati devono finirci tutti,
nessuno escluso, in primis il signor Comolli che, di sicuro, non
è il naturale erede di Luciano
Moggi.
Poi, venendo al manto erboso, le difficoltà sono più che evidenti: totale
mancanza di solidità difensiva, scarsissima produzione offensiva, enorme fatica
nel concretizzare le poche occasioni da gol, vistoso calo fisico e atletico che
si ripercuote sull’intensità agonistica e qualche elucubrazione tattica di
troppo che, senza dubbio, non ha giovato a Locatelli e compagni.
Ma mister Tudor non aveva a disposizione un’invincibile corazzata, non
poteva contare su elementi dalla grandissima personalità e neppure su
calciatori dal tasso tecnico complessivo elevatissimo. In buona sostanza, ha
dovuto fare un po’ di necessità virtù. Sicuramente lo si può criticare per
alcune scelte tattiche quantomeno discutibili, come ad esempio la pervicacia nel
far giocare Kalulu largo a destra nei quattro o cinque di
centrocampo. Questo, però, non può e non deve rappresentare la colpa più grande
di un andamento momentaneo davvero deprimente.
L’obiettivo stagionale della Vecchia Signora è almeno il
raggiungimento del quarto posto, che nonostante tutto è ancora distante solo
tre punti. Anche perché, è bene ricordarlo, si è soltanto all’ottava giornata
di campionato. Nulla è precluso, niente è definitivo. Eppure secondo la
dirigenza bianconera, visto e considerato un esonero lampo che con ogni
probabilità era già nell’aria, l’allenatore croato è il principale responsabile
di questo periodo nerissimo.
La buona prestazione del Santiago Bernabeu di Madrid, malgrado la sconfitta 1-0 con il Real,
aveva riacceso una piccola fiammella di speranza. Poi, ecco un altro k.o.
(sempre 1-0) maturato contro la rabberciata Lazio dell’ex (col dente
avvelenato) Maurizio Sarri.
Ora il presente si chiama Massimo
Brambilla, ma ovviamente solo per una partita, al massimo due. Poi, che siano
i vari Spalletti, Mancini o Palladino a guidare la Juve,
devono fare i conti con un ambiente societario tragicomico e con un organico
che, soprattutto a centrocampo, è nettamente inferiore rispetto a quello di Napoli
e Inter. E intanto, proprio la società dovrà ancora stipendiare il
«neurotattico» Thiago Motta e lo stesso Igor Tudor; alla faccia del
bilancio!
Igor, uomo vero e
juventino vero, ha provato con tutte le sue forze a ravvivare quel DNA
bianconero che ormai latita da anni. Lo ha fatto con passione, trasporto
emotivo, convinzione, ma è stato silurato da una dirigenza con a capo il
plenipotenziario Comolli, grazie alla totale fiducia accordatagli dal patron John
Elkann che sta al calcio come un vegano sta alla bistecca di maiale, in
modo a dir poco biasimevole.
La stagione è ancora lunga,
lunghissima, ma la spaventosa confusione organizzativa da parte dello stato
maggiore della Juventus sta regnando sovrana. E la luce in fondo al tunnel, per
adesso, assomiglia sempre più a un miraggio.



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