L’EDITORIALE – LUCIANO SPALLETTI: IL SAGGIO TIMONIERE DELLA NAVE JUVENTUS CHE RISCHIA DI AFFONDARE

 


 Di Stefano Dentice

Giusto per mettere le cose in chiaro fin da subito: Fabio Capello prima e Maurizio Sarri poi, tutt’altro che la quintessenza della juventinità in carne e ossa, hanno allenato la Vecchia Signora e vinto gli scudetti. Per cui, tutti quei tifosi bianconeri che storcono il naso per il suo tatuaggio sull’avambraccio con lo stemma del Napoli, e magari anche per il suo trascorso da allenatore dell’Inter, si mettano l’anima in pace ed evitino di fomentare polemiche stucchevoli e puerili.

Luciano Spalletti, al quale di sicuro non gli si chiede di vincere lo scudetto in questa stagione, è diventato ufficialmente il nuovo allenatore della Juventus, alla quale si è momentaneamente legato solo fino al 30 giugno 2026.

Il primo compito in assoluto che attende il tecnico toscano è quello di (ri)portare in acque calme una nave Juve che attualmente si trova in acque agitate, sia sul rettangolo verde che in ambito dirigenziale. Infatti, Spalletti deve fare subito i conti con un organico che difetta in termini di qualità tecnica e personalità e con dei dirigenti che sono distanti anni luce dall’essere gli eredi di Luciano Moggi, Roberto Bettega e Antonio Giraudo.

Piaccia o meno, lui è uno fra i migliori allenatori italiani in attività. La sua carriera parla chiaro: due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana con la Roma, una Coppa di Russia, due campionati e una Supercoppa di Russia con lo Zenit San Pietroburgo e lo scudetto vinto con il Napoli non sono roba di poco conto. Chi afferma il contrario o è calcisticamente ignorante o è in malafede. Ma probabilmente uno tra i suoi più grandi successi lo ha ottenuto nella stagione 2004-2005 alla guida dell’Udinese, quando riuscì a portare i friulani al quarto posto in classifica che valse la prima storica partecipazione alla Champions League. A dir poco deludente, invece, la sua esperienza più recente, quella in veste di commissario tecnico della nazionale; dove obiettivamente ha fallito.

Ma ora, da parte sua, c’è una grandissima voglia di riscatto, un ardente desiderio di dimostrare ancora tutto il suo valore. A Luciano Spalletti, per quest’anno, gli si chiede di centrare almeno il quarto posto senza troppi patemi d’animo, di raggiungere minimo i play-off di Champions e di andare il più lontano possibile in Coppa Italia.

Poi, per ciò che concerne l’aspetto tattico, ci sarà tempo. Lui, ad ogni modo, gioca spesso con il 4-2-3-1, 4-3-3, 4-3-2-1 o 4-3-1-2, ma non disdegna nemmeno lo schieramento delle sue squadre con una difesa a 3. Segno inequivocabile, questo, di intelligenza e profonda elasticità legate più alle caratteristiche tecnico-tattiche dei singoli calciatori che a un sistema di gioco troppo rigido.

Spalletti avrà l’arduo compito di (ri)accendere l’entusiasmo in uno spogliatoio e in un ambiente, più in generale, che sta vivendo un periodo buio, sportivamente molto difficile. Allenerà una rosa del tutto priva di fuoriclasse assoluti, un organico da cui dovrà tirar fuori il meglio sotto tutti i punti di vista.

La società del patron John Elkann, esperto di calcio tanto quanto Luigi Di Maio è esperto di congiuntivo, nell’affidarsi all’ex CT degli Azzurri, ha comunque fatto la scelta giusta, quella più saggia, soprattutto in questo determinato momento. Una Juventus che oggi, purtroppo, si trova a dover pagare contemporaneamente lo stipendio del tecnico di Certaldo, quello di Igor Tudor e l’ingaggio del «tatticomane» Thiago Motta, sperando che l’italo-brasiliano trovi panchina prima di subito; magari alla Nazionale Italiana Cantanti. Questo per evidenziare il fatto che mai nella storia di Madama si sono verificati tre cambi di allenatore in così poco tempo.

Ora, però, si deve immediatamente voltare pagina con Luciano Spalletti, saggio timoniere di una nave chiamata Juventus che, dal rischio di affondare, ha l’obbligo di (ri)tornare a viaggiare a velocità elevata.  


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