QUANDO IL DIALOGO TRA ALLENATORE E SOCIETÀ SI INCEPPA: IL RISCHIO DEL CORTO CIRCUITO IN CASA JUVE

 


Di Filippo Vagli

Da che mondo è mondo, nel calcio, soprattutto nei top club come la Juventus, è un dato di fatto che la campagna acquisti non venga decisa dall’allenatore ma dalla società. Si tratta di una prassi consolidata, soprattutto perché le strategie di mercato devono rispondere a bilanci, progettualità a lungo termine e visioni più ampie rispetto alla semplice esigenza tecnica del momento. Tuttavia, proprio perché allenatore e dirigenti lavorano su fronti complementari, è fondamentale che le caratteristiche dei profili richiesti dal tecnico vengano tenute in seria considerazione. Ignorare queste indicazioni non è solo un disguido, ma rischia di generare un cortocircuito destabilizzante all’interno del progetto sportivo. Quando il mercato si muove su direttrici opposte rispetto alle richieste del campo, il risultato è quasi sempre una squadra o incompleta o sbilanciata, con riflessi inevitabili sul rendimento. Questo scenario pare rappresentare esattamente ciò che sta succedendo alla Juventus nell’ultima finestra estiva di calciomercato. Basta analizzare le caratteristiche delle scelte fatte per notare una divergenza sostanziale con le esigenze espresse dall’allenatore. Tudor chiedeva esterni che sapessero garantire equilibrio in entrambe le fasi e Alberto Costa era il profilo ideale da questo punto di vista. Sappiamo però come è andata, vale a dire con l’esterno lusitano ceduto sull’altare delle esigenze di bilancio e sostituito con Joao Mario, bravo ad offendere ma totalmente refrattario alla fase difensiva. La successiva richiesta di Tudor era quella di un centrocampista capace di inserirsi con continuità e sostanza offensiva: nessun acquisto se non l’input di provare a rivitalizzare il fantasma Koopmeiners in questo ruolo. Ultima preghiera quella di un attaccante versatile per creare soluzioni multiple con kolo Muani a vestire i panni dell’identikit perfetto. E invece no: alla Continassa sono arrivati Jonathan David e Lois Openda, calciatori che, seppur di valore, non rispondono ai criteri richiesti dal tecnico croato. Discrepanze strategica che non sono semplici dettagli: proprio perché Juve è un club di grande ambizione, lavorare in disarmonia su questi aspetti rischia di compromettere l’efficacia di tutto il progetto tecnico e di raffreddare i rapporti fra panchina e dirigenza. Un mercato, quello operato dalla Juventus nell’estate 2025, che dimostra quanto sia delicato l’equilibrio tra chi costruisce la squadra e chi la guida sul campo. E quanto sia imprescindibile un confronto serrato e propositivo tra settore tecnico e società, per evitare che le due anime del club finiscano per remare in direzioni opposte e alimentare tensioni di cui a pagarne il conto è sempre la squadra.


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