JUVENTUS, IL REBUS DI BODO E LA SFIDA A COSTRUIRE UNA NUOVA IDENTITÀ
Di Filippo Vagli
La vittoria pepata
ottenuta dalla Juventus a Bodo contro il Bodo Glimt ha mostrato, ancora una
volta, l’essenza complicata di una squadra in profonda trasformazione. In meno
di otto mesi la panchina bianconera è cambiata tre volte, palesando non solo
tensioni dentro l’ambiente ma un gruppo che ancora fatica a trovare una sua
fisionomia stabile, tattica e mentale. La partita giocata in Norvegia non è
stata solo un episodio calcistico da raccontare, ma un piccolo specchio dei
problemi e delle speranze di questo momento storico. Spalletti è arrivato con
la fama di tecnico meticoloso, pronto a imprimere ordine in un gruppo che
appare fragile sotto il peso delle aspettative. Il tecnico ha spiegato più
volte che la Juventus ha risorse e strutture da élite, ma ciò che manca è un
equilibrio mentale e un’identità tattica condivisa. In campo, i bianconeri
oscillano tra lampi di qualità – come il gol di reazione al 91° minuto a Bodo o
la determinazione mostrata sempre in Champions contro il Borussia Dortmund – e
momenti di disattenzione che rischiano di compromettere risultati importanti.
La rete subita su un’ingenuità di Cabal, che ha strappato applausi per un
intervento decisivo in difesa nel finale, è emblematica di questa doppia anima:
carattere e difficoltà difensive convivono ancora in modo instabile. Già un
tecnico navigato come Massimiliano Allegri, nella sua ultima stagione sulla
panchina di Madama, aveva già evidenziato segni di esasperazione, non solo
verso l’arbitraggio ma soprattutto verso l’atteggiamento dei giocatori, spesso
inclini a sacrificare il controllo tattico sull’onda dell’istinto e delle
emozioni. Spalletti, dall’alto del suo equilibrio, chiede invece una mentalità
più coraggiosa: «La prima difesa è l’attacco». Un concetto che si traduce in
pressing intenso e coinvolgimento collettivo, cercando di trasformare la
squadra in un organismo dove ogni giocatore contribuisce non solo tecnicamente
ma anche mentalmente. Se il carattere emerge nelle rimonte e nella capacità di
non arrendersi, è però evidente come manchi ancora una qualità tecnica
applicata in modo continuo, una difficoltà che non deve essere sottovalutata.
Spalletti ha potuto toccare cona mano come questa Juve non sia la stessa degli
anni gloriosi dei nove scudetti, e che nessun titolare attuale avrebbe
probabilmente avuto spazio in quelle formazioni. Da qui deriva la necessità di
lavorare tanto sul coraggio e sulla capacità di restare uniti, così come sullo
sviluppo e armonizzazione di giocatori emergenti come David e Openda, capaci di
offrire nuova linfa all’attacco, insieme a riferimenti più consolidati come
Vlahovic. Un segnale incoraggiante è arrivato da Fabio Miretti, che ha
dimostrato grande adattabilità e qualità nel centrocampo, dando a Spalletti una
nuova opportunità per costruire una mediana più dinamica e creativa. Al tempo
stesso, però, rimane un nodo strutturale di fondo: senza investimenti decisivi
e senza stabilità extracampo sarà arduo compiere un salto di qualità in questa
stagione così sfidante. Non meno importante è la dimensione emotiva e di
empatia con i tifosi. Il gesto simbolico dei giocatori che hanno donato le
maglie gelate ai pochi coraggiosi sostenitori giunti in Norvegia è diventato il
manifesto di un gruppo che vuole ricostruire un rapporto vero con la sua gente.
Per Spalletti, la costruzione di una squadra è anche un lavoro di coesione
umana, di rispetto verso una maglia che deve tornare a rappresentare valori
chiari e condivisi. Questa vittoria a Bodo diventa quindi qualcosa di più di un
semplice successo sul campo: è una scossa morale e di identità, un invito a
proseguire nel difficile percorso di trasformare questa Juve da “inallenabile”
a un gruppo che, almeno mediamente, riesca a esprimere continuità, forza e
qualità. Il tempo è un alleato prezioso e la speranza è che, con la
tranquillità necessaria e qualche intervento mirato, Spalletti possa davvero
diventare quel “maestro d’orchestra” capace di domare le tante energie sparse e
trasformarle in un’orchestra vincente.



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