Crisi Juventus: cause e rimedi necessari
Di Filippo Vagli
Il presente momento della Juventus evoca i ricordi più cupi della storia recente: a soli 14 turni di campionato, la distanza dalla vetta è già di 8 punti, con una media di un gol subito a partita. Un dato preoccupante, se si pensa che la Juve non raggiunge risultati così deludenti da oltre sei anni, da quei tempi bui legati che rimandano al post-Farsopoli. Il problema più evidente è l’incapacità offensiva: 18 gol segnati. Si continua a insistere su schemi incomprensibili, come l’utilizzo di Yildiz come falso nueve, mentre il centrocampo arretra invece di spingere in avanti. L’allenatore, che cambi pure nome nel corso della stagione, sembra non riuscire a decifrare le reali necessità della squadra, o forse è bloccato da meccanismi interni e pressioni dirigistiche che ne limitano le scelte. Il quarto posto, considerato “obiettivo” dalla società e dal suo entourage, è inaccettabile per una Juventus che deve puntare decisamente più in alto. Di fronte a questo, meglio un radicale rifacimento della squadra e della struttura societaria, perché da almeno cinque anni la base è di basso livello: giocatori mediocri, mancanza di ambizione e leadership vera. La confusione regna sovrana anche in panchina. La gestione di Yildiz è un esempio lampante di incoerenza: farlo giocare quasi tutta la partita in una gara ormai chiusa, per poi toglierlo al momento migliore contro il Napoli, quando era protagonista di una rimonta insperata. Serve con urgenza un vero direttore sportivo, con esperienza internazionale e la capacità di proteggere e guidare l’allenatore. La Juventus oggi non ha un responsabile tecnico degno di un club di questo calibro. Il continuo avvicendamento di tecnici (quattro in tre anni) non ha migliorato né l’atteggiamento né i risultati, sempre uguali: difensivi e rinunciatari, quasi da paura. La fotocopia tra i dirigenti attuali e quelli già inadeguati del passato – da Blanc e Secco a Comolli e Chiellini – evidenzia l’assenza di un progetto chiaro e di figure all’altezza. La società è priva di spina dorsale e umiltà, come dimostra il mancato coraggio di affidare il mercato a un direttore sportivo capace e indipendente, non succube di ordini poco credibili. Il mercato di gennaio rischia di essere un’ennesima occasione mancata, con dirigenti che insistono a gestire trattative nonostante l’incompetenza dimostrata. Rifiutare i prestiti, oggi unica arma per rinforzare una rosa in difficoltà, è un errore strategico. La Juventus, se vuole risorgere davvero, deve accettare di fare un passo indietro e riorganizzarsi affidando le deleghe tecniche a chi ha esperienza reale, accompagnato da un CEO amministrativo come Comolli, ma con ruoli chiari e distinti. Altrimenti, da qui alla fine della stagione, sarà solo un lungo e doloroso inferno.



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