David o Openda? Il dilemma bianconero che Spalletti deve risolvere

 


Di Filippo Vagli

La Juventus di Luciano Spalletti sta vivendo un autunno di scelte delicate in attacco. Jonathan David e Lois Openda, i due terminali offensivi, rappresentano un rebus tattico che potrebbe accompagnare la squadra per tutta la stagione. Non sono predatori puri capaci di risolvere partite da soli, ma due profili complementari che, a seconda del contesto, possono sbloccare meccanismi inceppati. Il problema? Valorizzarli senza snaturare l'equilibrio della rosa. Partiamo da David, il canadese dal tocco raffinato. Tecnico e intelligente nei movimenti, eccelle come falso nove: viene incontro, ripulisce palloni rasoterra, coinvolge i compagni e crea superiorità numerica. Contro il Bologna, nei primi minuti, si è fatto trovare pronto, ma la sua lentezza negli spazi stretti lo ha tradito. Quando la difesa avversaria stringe, perde il duello fisico, basti pensare allo stop magistrale su lancio di McKennie, seguito da una sterzata goffa contro Zortea. David non è un velocista: non dategli 40 metri da coprire, o sparisce. La Juventus deve portarlo negli ultimi sedici metri, aumentandone i tocchi in area. Lì, con fiuto da bomber, attacca l'area piccola su mischia o calci piazzati (basti vedere i gol facili contro Pafos, Parma e Genoa). È rifinitore e realizzatore, ma ha bisogno di un collettivo: Spalletti per valorizzarlo dovrà alzare il baricentro e nutrirlo di palloni puliti. Openda, al contrario, è elettricità pura. Contro il Bologna ha cambiato la partita: ha disturbato la linea alta rossoblù, guadagnato il rigore per l'espulsione di Heggem, inciso sull'azione precedente al gol Cabal con un guizzo e palla a Yildiz. Veloce e imprevedibile, gioca dietro le spalle, sfrutta gli spazi larghi e crea caos. Ma ha limiti nel tiro: troppo velleitario, con il peso del corpo sbilanciato (come nell'ultima occasione contro Ravaglia, parata strepitosa del portiere). Contro Cremonese ha più volte mancato la porta con conclusioni imprecise. Fisicamente è meno imponente di una prima punta classica, mentre eccelle in transizione: a campo aperto va in nozze. E quindi, se vogliamo confrontarli direttamente possiamo dire che David brilla per tecnica, movimenti incontro, rifinitura rasoterra e fiuto in area, ma soffre lentezza negli spazi stretti e duelli fisici prolungati – ideale per partite chiuse, palleggio stretto e mischia nell'area piccola. Openda, invece, punta su velocità, imprevedibilità, transizioni e disturbo alle linee alte, anche se pecca in precisione al tiro e fisico leggero – perfetto per spazi larghi, contropiede e difese aggressive. Due mondi opposti, che Spalletti deve dosare con maestria. Il vero snodo è la rotazione. Contro Roma e Pisa, squadre fisiche e basse (Girardino con il Pisa lavora sul blocco basso), vedo David titolare: meglio nel dialogo e nel palleggio per scardinare bunker. Openda subentrante per sfruttare la stanchezza. Contro Sassuolo, squadra più coraggiosa, può diventare più utile un Openda che parte e semina panico. Insieme? Rischioso, soprattutto se in campo cis sono anche Yildiz e Conceicao. Con il Bologna le scelte sono state azzeccate: David per il lavoro "sporco" iniziale, Openda per i buchi finali. Se i due si divideranno i compiti così, l’attacco della Juventus può essere da grande squadra. Spalletti ha le chiavi: valorizzare le loro peculiarità, senza illusioni da eroi solitari perché la Juventus vincerà solo se il collettivo renderà letali il canadese e il belga.


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