Juve, la via obbligata è tornare a essere squadra

 


Di Filippo Vagli

Non serve reinventare la ruota: la Juventus deve ritrovare l’unità che l’ha sempre resa grande. Non soltanto in campo, dove la maglia bianconera va difesa con spirito collettivo, ma anche fuori dal rettangolo verde, negli uffici di corso Galileo Ferraris. Perché sul banco degli imputati non c’è solo il gioco, ma tutta la macchina societaria. E la macchina ferma oggi rischia di incepparsi definitivamente. Spalletti, come i suoi predecessori recenti, non può camminare da solo. Il tecnico va sostenuto, protetto e messo nelle condizioni di lavorare con una società che, finalmente, decide di marciare compatta. Non è un caso storico: i grandi cicli juventini sono sempre nati da una solida alleanza tra allenatore e dirigenti. Da Trapattoni fino ad Allegri, passando per i maestri Lippi, Capello e Conte, il dialogo costante con il management ha fatto la differenza, soprattutto nella gestione del mercato. Oggi, invece, la Juventus vive un paradosso: senza un direttore sportivo da mesi, la figura chiave per collegare campo e sede è assente, e questa vuota è sintomatica di una società disorientata e lenta, incapace di scelte rapide e condivise. In un momento dove serve muscolare coesione, ottenere questo sembra una chimera. Anche lo spogliatoio riflette questo stato di confusione. Non si scorgono fratture evidenti, ma neanche un gruppo che sappia far fronte unito alle difficoltà. I giocatori sembrano oscillare emotivamente tra alti e bassi, troppo condizionati dai risultati. Senza leadership forte, senza quella scintilla di personalità che fa gruppo, la Juventus rischia di soccombere nel vortice di sconfitte e delusioni. Serve una settimana zero: una nuova alba dove il gruppo si ritrova, cementando un’identità collettiva fatta di sostegno reciproco e determinazione. Non bastano sparute individualità ma un pugno di combattenti, un gruppo forte e unito, capace di resistere a ogni avversità, fino a tornare a vincere insieme. Anche in Champions, dove la posta in gioco non è mai stata così alta. Questa non è una sfida da affrontare da soli. Serve Spalletti sostenuto, una dirigenza coesa e una squadra più compatta, che sappia far emergere quel senso di appartenenza che solo la Juventus, nelle sue stagioni più gloriose, ha saputo esprimere al meglio. Il tempo per correggere la rotta non è infinito. Il rischio è perdere tutto centimetro dopo centimetro, fino alla disfatta finale. Ma la Juventus ha sempre dimostrato nel suo DNA di sapersi rialzare. Ora tocca a tutti – società, giocatori, staff tecnico – sporcarsi le mani insieme per risorgere.


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